Prosegue la campagna militare di Stati Uniti e Regno Unito contro i ribelli yemeniti degli Houthi. Nella notte, le forze armate Usa e quelle britanniche hanno bombardato otto località appartenenti alle milizie sciite filoiraniane in Yemen. L’attacco era rivolto contro alcuni obiettivi che, a detta degli alleati anglosassoni, sarebbero utilizzati dagli Houthi come basi di lancio per i missili e siti di stoccaggio sotterranei. Le due aviazioni hanno impiegato ancora una volta missili Tomahawk e aerei da combattimento partiti dalle navi presenti in zona. Secondo alcuni funzionari Usa, i raid sono stati condotti con il contributo di intelligence e sorveglianza da parte di Australia, Bahrein, Canada e Paesi Bassi.
Lo United States Central Command (Centcom), comando militare responsabile dei recenti interventi contro il gruppo aggiunto alle organizzazioni terroristiche sanzionate dagli Stati Uniti, ha dichiarato di aver colpito alle 23:59 di lunedì 22 gennaio. Tra i bersagli centrati dall’aeronautica risultano sistemi missilistici e lanciatori, sistemi di difesa aerea, radar e depositi di armi sotterranei. Immediata la replica del portavoce Houthi, Yahya Saree, che parla invece di 18 attacchi e minaccia ritorsioni: “Non resteranno impuniti“.
“Il nostro obiettivo – si legge nella nota congiunta degli stati maggiori dei Paesi – resta quello di allentare le tensioni e ripristinare la stabilità nel Mar Rosso, ma ribadiamo il nostro avvertimento alla leadership Houthi: non esiteremo a difendere vite umane e il libero flusso del commercio in uno dei paesi più critici del mondo“. Londra ha fatto sapere di aver dispiegato quattro caccia Typhoon della Royal Air Force, attivi vicino all’aeroporto di Sana’a, la capitale dello Yemen. Il blitz, riferisce il ministro della Difesa inglese Grant Shapps, era “mirato a degradare le capacità degli Houthi” e avrebbe “inferto un altro colpo alle loro scorte limitate e alla capacità di minacciare il commercio globale“. Shapps ha definito l’operazione come una “autodifesa” contro gli “intollerabili” attacchi sferrati dai miliziani sciiti Houthi contro i mercantili che transitano nel Mar Rosso.
Ieri Mohammed al-Bukhaiti, membro dell’ufficio politico degli Houthi, ha minacciato l’Italia dopo la conferma della missione navale europea nel Mar Rosso. “Noi – ha detto al-Bukhaiti in un’intervista all’Adnkronos – non consideriamo l’Italia un Paese ostile, ma se partecipa all’aggressione diretta contro lo Yemen, insieme all’America e alla Gran Bretagna, allora si pone in una posizione di ostilità. A meno che non si consideri il bombardamento di Roma da parte di un Paese straniero come un’azione positiva”.
L’Ue si sta muovendo per garantire la libertà del commercio e di navigazione nella zona con la missione Aspides, che ieri ha ricevuto luce verde dal Consiglio dei ministri degli Esteri, ma potrebbe essere indebolita dalla decisione dei vari governi di non partecipare. Usa e Regno Unito, invece, stanno agendo nell’ambito della missione Prosperity Guardian, una coalizione internazionale partita a dicembre con lo scopo di proteggere la rotta presa di mira dai combattenti yemeniti, in particolare lo stretto di Bab el-Mandeb e il Golfo di Aden.