Privatizzazioni, Meloni zittisce la sinistra: “Voi l’avete fatto ma io non svendo l’Italia”

"Non svendo l'Italia, non accetto lezioni". Meloni zittisce la sinistra

Politica estera, Patto di stabilità, privatizzazioni, elezioni europee, nomine, caso Ferragni. Sono tanti i temi di discussione affrontanti da Giorgia Meloni nel corso della sua intervista rilasciata a Nicola Porro nella puntata di questa sera di “Quarta Repubblica”, in onda su Rete4. Il presidente del Consiglio, a quindici mesi esatti dal suo insediamento a Palazzo Chigi, dichiara orgogliosamente di avere avuto la “capacità di parlare con tutti, con quelli con cui sei d’accordo e con coloro con cui sei in disaccordo“. Proprio sulla politica estera c’è stato invece “un pregiudizio nei confronti di questo governo per il racconto che era stato fatto dell’Italia“, con qualcuno che evidentemente si aspettava “di vedere arrivare un marziano e poi hanno trovato un normale essere umano. Accade spesso quando vieni sottovalutato. In tanti mi hanno detto che si aspettavano un’impresentabile per poi trovarsi al cospetto di una persona seria“.

L’attacco di Meloni sulle privatizzazioni

Si passa poi allo scottante tema delle privatizzazioni, soprattutto dopo il recente annuncio del Mes. Il capo del governo, nel documento economico di bilancio, prevede di ricavare 20 miliardi in tre anni. Si tratta di “un lavoro che si può fare con serietà come lo immagino io: possiamo cedere alcune quote di società pubbliche senza compromettere il controllo pubblico, e su alcune società interamente di proprietà dello Stato possiamo cedere quote di minoranza a dei privati“. Ferrovie, ha precisato la premier, “è uno dei dossier sul tavolo“: “Lo Stato mantiene sempre il controllo quando il controllo è fondamentale“, sottolinea. Per Meloni la privatizzazione “non è fare regali a qualche imprenditore fortunato e amico“. Dicendosi fiera sull’ultima legge di bilancio licenziata, Meloni intende chiaramente cambiare marcia anche su questo tema, ricordando: “Ho letto una prima pagina di Repubblica che diceva: ‘L’Italia è in vendita’. Ora, francamente, che quest’accusa mi arrivi dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e ceduto ai francesi, hanno trasferito all’estero sede legale e sede fiscale, hanno messo in vendita i siti delle nostre storiche aziende italiane, non so se il titolo fosse un’autobiografia. Però le lezioni di tutela dell’italianità da questi pulpiti anche no“.

I temi di politica estera

A proposito invece di politica estera, la leader di Fratelli d’Italia annuncia che la missione dell’Unione europea nel Mar Rossoè prevalentemente di politica di difesa. Da lì transita il 15% del commercio mondiale e impedire il passaggio delle merci significa un aumento dei prezzi spropositato. Non possiamo accettare la minaccia degli Houthi nel Mar Rosso“. Sotto questo punto di vista il nostro Paese “ha sempre sostenuto la difesa della libertà di navigazione e lo facciamo nell’ambito delle nostre normative. Per questa missione europea di difesa non dobbiamo passare in Parlamento, ma quella di iniziativa statunitense avrebbe significato un passaggio parlamentare. L’Italia c’è, si assume le responsabilità“, assicura il capo dell’esecutivo.

Compromesso sul Patto di Stabilità

Sempre restando in ambito internazionale, Meloni non nasconde che l’accordo sul nuovo Patto di stabilitànon è il mio compromesso ideale, ma era il migliore compromesso possibile, altrimenti si sarebbe tornati ai vecchi parametri, che erano decisamente peggiori“. Su questo aspetto, aggiunge, “qualcuno in Europa preferiva i precedenti parametri e lavorava per far saltare il banco”. Quanto al lavoro di sponda con Macron, “penso che là si potesse fare un pò di più insieme“.

La sfida elettorale alla sinistra in Ue

Venendo poi alle questioni più interne, Giorgia Meloni conferma di non avere rotto gli indugi su una sua candidatura alle prossime elezioni europee. “Penso che deciderò all’ultimo, quando si formano le liste”, pur non sottovalutare per niente il fatto di misurarsi “sempre con il consenso dei cittadini, per me quello è l’unico elemento che conta“. Il presidente del Consiglio non condivide chi sostiene che candidarsi alle Europee da premier significhi prendere in giro gli italiani perché poi nell’Europarlamento non ci andrebbe. “I cittadini che dovessero decidere di votare per una Meloni che si candida in Europa sanno che non ci va. Ciò non toglie che se vogliono confermare o non confermare un consenso, anche quella è democrazia – puntualizza Meloni -. E per me che al prossimo giugno avrò governato per un anno e mezzo potrebbe essere importante verificare se ho ancora quel consenso dei cittadini, che è l’unica cosa che mi interessa. Per il resto i miei oppositori possono fare e dire quello che vogliono. A me interessa sapere solo se ho il consenso degli italiani“. Una percentuale sul fatto di candidarsi o meno? 50%.

L’attacco ai 5 Stelle

Una bella sferzata a Giuseppe Conte, che da subito ha annunciato di non inserirsi nella lista del M5s come candidato alle Europee proprio per non venire meno al patto con gli elettori. A questa si aggiunge quella relativa al superbonus, definito “la più grande truffa dello Stato nella sua storia“. Ma chi è veramente la sua opposizione? “Per quello che mi riguarda, in Italia, Pd e M5s sono due facce della stessa sinistra – dice -. Se invece parliamo nell’ambito europeo, storicamente il confronto è fra conservatori e partito socialista, quindi lì l’interlocutore naturale è il Pd, anche perché la posizione del M5s in Europa è più marginale“. Quando Nicola Porro le chiede se si è pentita di avere dato risalto politico alla vicenda Chiara Ferragni, il presidente del Consiglio risponde prontamente no. “Mi è dispiaciuto che sia stato letto come uno scontro con Chiara Ferragni, io stavo dicendo una cosa in realtà in positivo verso le persone che producono un’eccellenza, che noi vediamo attraverso gli influencer e diamo più peso a chi la ‘indossa’, rispetto a chi la produce, questo era il passaggio“.

“Finito il tempo delle nomine con la tessera Pd”

È stata quindi la sinistra “che si è sbracciata per difendere, che ha creato il caso politico, manco avessi attaccato Che Guevara. Sono loro che hanno creato il caso“. Esattamente come si è creato un caso su un inesistente litigio con Matteo Salvini sul Piano Mattei: “Francamente sono un pò imbarazzata perché secondo me non si possono inventare le notizie di sana pianta, su una cosa sulla quale Salvini è previsto da sempre, confermato la settimana scorsa, nessuna polemica“. In ogni caso, annuncia, giovedì in Consiglio dei ministri arriverà la norma sulla trasparenza della beneficenza. Si tocca le polemiche sulla nomina di Luca De Fusco a direttore del Teatro di Roma. “Io non ho nominato nessuno, neanche lo sapevo francamente, c’è un Cda che per legge nomina il direttore del Teatro di Roma ed è stato nominato il direttore del teatro di Roma che è una persona che ha, da quello che io apprendo, un curriculum di ferro sul piano culturale della competenza, non ha tessere di partito, non ha la tessera di Fratelli d’Italia, ma lo scandalo è che non ha la tessera la tessera del Pd ” – è l’ulteriore frecciatina di Meloni -. Quel tempo è finito, nei posti ci vanno le persone che hanno le competenze, non serve più avere la tessera del Partito Democratico“.

“Schlein non dice nulla su Degni”

Infine, il caso del post su X del consigliere della Corte dei Conti, Marcello Degni, che aveva scritto a fine dicembre: “C’erano le condizioni per l’ostruzionismo e l’esercizio provvisorio. Potevamo farli sbavare di rabbia sulla cosiddetta manovra blindata…“. Giorgia Meloni è inflessibile: “Mi ha colpito che la segretaria del Pd, che ha nominato Degni, non abbia ritenuto di dire su questo fatto un parola. Schlein dice sempre che prima non c’era lei. A me chiedono conto di quello che faceva Mussolini, a loro non puoi chiedere conto di quello che il Pd faceva un anno fa, siamo seri“.

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