Grazie a tantissimi petrodollari, questo fine settimana la Serie A ha perso per strada quasi metà squadre, tra quelle impegnate in Arabia in Supercoppa e quelle costrette ad una settimana di riposo extra. Nonostante le quattro partite in meno, il weekend del calcio tricolore ha comunque offerto parecchie cose interessanti. Cosa si è visto? Il ritorno di un bomber che sembrava essersi perso per strada, un debutto clamoroso in panchina, un altro debutto decisamente più in chiaroscuro, due sudamericani spettacolari e parecchio altro. Visto che non ci facciamo mancare niente, si sono anche visti una serie di episodi che con il calcio non hanno niente a che vedere ma dei quali toccherà parlare. Ecco il nostro pagellone del lunedì: ci sarà comunque da divertirsi.
Ben arrivato Godot, Dusan c’è (8)
Con l’Inter impegnata al caldo di Riyadh, l’occasione per la Juventus era di quelle da non lasciarsi scappare. Anche se con un asterisco accanto, riconquistare la vetta della classifica sarebbe stato importante dal punto di vista psicologico, per mettere ulteriore pressione ad una capolista che sta andando a mille. Dover affrontare il Lecce al Via del Mare non è semplice per nessuno ma la banda Allegri sembra aver trovato finalmente la quadra, gli attributi ed un carattere a prova di bomba. Se i salentini non erano quelli d’inizio stagione, i pericoli non sono comunque mancati. Eppure sull’aereo, mentre tornano a Torino, i bianconeri portano a casa tre punti preziosi ed una prestazione in grado di convincere anche i critici più incontentabili. Per tenere il ritmo di una squadra che lascia ben pochi punti per strada sarebbe servita una prova maiuscola e l’undici del tecnico livornese non ha certo deluso i tanti tifosi arrivati per sostenerli.
Si fa in fretta a sottovalutarne l’impatto, visto il risultato, ma scendere in campo senza due pezzi da novanta come Rabiot e Chiesa era roba da far tremare i polsi. Come ha reagito la Juve? Da squadra vera, trovando una nuova spina dorsale che potrà fare meraviglie. Se nessuno mette mai in dubbio l’impegno e la prepotenza fisica del brasiliano, Gleison Bremer ha messo una prova con solo un paio di sbavature su Almqvist ed un gol di testa da far invidia ai migliori centravanti. A svariare ci pensa Cambiaso, come a fornire un bel pallone al bomber aspettato in gloria da tutti. Vlahovic cala l’asso sbloccando la gara con un gol sporco per poi mettere la sua firma alla partita. Quattro gol in due partite, 11 in campionato: Godot è arrivato e ne ha per tutti. L’Inter è avvertita.
Nicola, debutto col botto (7)
Quello che gira attorno alla lotta salvezza magari non si guadagnerà mai le prime pagine ma, forse, è il meglio che può offrire il nostro calcio di plastica. Nelle ultime settimane la provinciale che non fa nemmeno provincia era apparsa completamente allo sbando, disunita, con amnesie davanti alla porta che sembravano far prevedere l’ennesima retrocessione. Ad Empoli, però, sanno come rimettere in rotta la barca prima che si schianti sugli scogli. Un tecnico esperto che sa come rivitalizzare un gruppo ed un paio di inserimenti che, magari, non fanno impazzire i tifosi ma che valgono tanto oro quanto pesano. A giudicare dall’esordio, Davide Nicola può dimostrare che, talvolta, tre cambi di panchina in una stagione non vogliono necessariamente dire Serie B.
Nonostante sia arrivato solo da un paio di giorni, il nuovo tecnico trova il modo di rendere più compatta e incisiva davanti alla porta la formazione toscana. Protagonista, ovviamente, il rientrante Zurkowski, che da quando è tornato in riva all’Arno sembra trasformato: 4 gol in due partite e una tripletta tanto devastante quanto varia. Segnare un gol di sinistro, uno di destro e uno di testa non è da tutti. Cosa dire, poi, della prima di Alberto Cerri, uno che, dopo aver stupito a 16 anni prendendo il posto di Amauri al Parma, sembrava perso. Non brilla, ma lavora tanto spalle alla porta, dando concretezza all’attacco azzurro. La velocità la mette Cambiaghi mentre le verticalizzazioni arrivano grazie al piede educato di Luperto, che fa pure benissimo in difesa. Presto per parlare ma, con questo piglio, sognare una salvezza tranquilla non è vietato.
Che bello il Sudamerica in Ciociaria (7)
Come si fa a giocare un bel calcio, che profuma di futebol bailado in quel di Frosinone? Chiedetelo a Di Francesco, magari ve lo spiega. Diciamo che ci vuole una buona dose d’incoscienza per provare a giocare in quel modo, visto che le figuracce sono sempre dietro l’angolo, ma quando le cose girano, i ciociari sono davvero spettacolari. Il bello del Frosinone è che, quando è in giornata, riesce a fare giocare male le avversarie, anche il Cagliari del maestro Ranieri, uno che certo sa come motivare uno spogliatoio. Le giocate che mostrano gente come Soulé e Kaio Jorge sono roba che, di solito, vediamo negli highlights che arrivano dal Brasileirão ma che fanno tanto bene a chi ama il calcio. La classe dell’ex Velez non è mai stata in dubbio, anche quando alla Continassa trovava zero spazio, ma quando ti mette punizioni del genere ti viene da chiederti con che coraggio l’abbiano mandato a “fare esperienza” a Frosinone.
Cosa dire, poi, del talento pernambucano che aveva fatto sognare i tifosi del Santos? Dopo il grave infortunio è tornato quello di una volta, scattante ma ora più attento dal punto di vista tattico. La mezz’ora che gli concede Di Francesco è da incorniciare, come il gol che chiude i conti. Meno male che la Juventus non ne ha venduto il cartellino: sarebbe stato un autogol mica da ridere. Gli altri? Sono trascinati da questi talenti scatenati e riescono a rimettere in carreggiata una partita estremamente complicata. Mazzitelli inizia male, poi si trasfigura e domina il centrocampo mentre Turati risponde ai tanti critici mettendo due parate che spero davvero Spalletti abbia visto. Il pallone se lo dovrebbe portare a casa lui, visti i due miracoli che ha fatto. Magari non succede sempre, ma questo Frosinone all’insegna del joga bonito è proprio un bel vedere.
Retegui, l’incubo è finito (6,5)
Approdare all’Arechi e trovarsi di fronte una Salernitana ancora furibonda per il finale di partita col Napoli non è certo una passeggiata di salute. Farlo in piena emergenza infortuni è ancora più complicato ma, comunque tutto, il Genoa di Gilardino dimostra di avere qualità a pacchi e, soprattutto, un carattere a prova di bomba. Finito sotto dopo un inizio arrembante dei granata, il Grifone ha anche un aiutino dalla Dea Bendata sul rigore ma, comunque, trova il modo di portare a casa punti pesantissimi in chiave salvezza. Dopo aver fatto impazzire Juventus e Inter, i rossoblu si affidano alla tecnica dei propri punti chiave, ritrovando quel bomber che aveva fatto sognare la Superba per, poi, venire fermato da un infortunio proprio quando sembrava pronto ad esplodere.
Da cosa capisci che è forse la stagione giusta? Dal fatto che Frendrup, costretto anche lui a giocare in un ruolo che non ha nelle corde, riesca comunque a non fare disastri. Quando al centrocampo hai uno come Kevin Strootman, che recupera quantità industriali di palloni, parti già con un punto in più dei rivali. Aggiungi poi la personalità e il palleggio di Gudmundsson, fondamentale nel finale, quando l’undici di Pippo Inzaghi è davvero scatenato ed i tre punti sono quasi fatti. La vera notizia positiva è che, dopo quattro mesi, Mateo Retegui ritrova il gol con un calcione nel quale sembrava aver messo tutta la rabbia accumulata mentre era fermo al box. Se la rete è fondamentale per un attaccante, l’italo-argentino si muove parecchio e trova il modo di smarcarsi spesso e volentieri. Quando anche Malinovskyi tornerà ai suoi soliti livelli, i fedelissimi del Genoa avranno di che divertirsi.
Milan Giroud-dipendente (6,5)
Se tutti hanno parlato e straparlato degli inqualificabili insulti ricevuti da Mike Maignan, all’ex Friuli si è visto un finale che ha fatto esplodere di gioia i tifosi rossoneri. Eppure non tutto è tranquillo in quel di Milanello. Vedi il punteggio e pensi che, in fondo, vincere a Udine sia più o meno dovuto per una grande ma in campo si è vista una storia ben diversa. Come successo con l’Inter, il Diavolo ha passato una serata da incubo, con Samardzic e Thauvin che spadroneggiano nell’area rossonera e fanno soffrire le pene dell’inferno ai milanisti. Se la prova del serbo avrà fatto ingolosire Napoli, Juventus e Brighton, il francese ha avuto un impatto devastante.
Come ha fatto il Milan a strappare quei tre punti che consentono di rimanere in scia alla Juventus? Grazie ai “soliti” cambi provvidenziali di Pioli e due panchinari che stanno conquistando il cuore dei fedelissimi del Diavolo? Il tecnico emiliano li impiega con il contagocce, dandogli di solito non più di una ventina di minuti ma, a quanto pare, bastano ed avanzano sia a Noah Okafor che a Luka Jovic per togliere le castagne dal fuoco.
Ancora una volta è l’avanti svizzero a guadagnarsi le copertine con un gol in pieno recupero nel quale nemmeno i più sfegatati tifosi rossoneri credevano più. Cosa dire, poi, del talentuoso serbo, che, chissà come, spunta sempre al posto giusto al momento giusto? Non è ancora quello visto al Waldstadion, quando faceva impazzire i tifosi dell’Eintracht ma ci stiamo arrivando. Tutto bene, quindi? Non proprio. Tanto quanto è fondamentale Loftus-Cheek, tanto è frustrante Reijnders: per ogni buon movimento di Pulisic sulla destra c’è sempre la solita partita mercuriale di Leao, che alterna sprazzi di genio a lunghissime pause.
Il problema vero è che, senza il monumentale Olivier Giroud, il Milan sarebbe tornato a casa con le pive nel sacco. Il francese entra in tutti i gol del Diavolo ed è l’unico veramente insostituibile. Visto che l’età non è un’opinione, questa è una cosa che dovrebbe togliere il sonno alla dirigenza del Milan. Inutile girarci intorno, servono alternative in avanti, qualcuno che possa prendere il testimone quando sarà proprio lui a fermarsi. Quel portafoglio bisogna aprirlo sul serio, prima che sia troppo tardi.
De Rossi, un futuro in chiaroscuro (6)
La storia che ha dominato la settimana scorsa è stata l’esonero lampo dello Special One ed il ritorno emozionante di Capitan Futuro nel suo Olimpico, stavolta in panchina. L’avvicinamento alla partita sembrava perfetto, dalla conferenza stampa fatta apposta per infiammare la curva ai cori nei confronti del tecnico partente, roba che in uno stadio italiano si vede rarissimamente. Il verdetto del campo è molto meno lineare e fa intuire che i problemi dei capitolini non erano tutti nel manico. Se chi ha l’anima giallorossa non vede l’ora di glorificare il primo tempo clamoroso della Roma, il resto del mondo ricorda come di fronte non avesse il Real Madrid ma un Hellas Verona nel caos più completo che sta svendendo uno dopo l’altro i suoi pezzi migliori. Il problema di caricare troppo uno spogliatoio ed un ambiente è che i giocatori fanno le buche per terra ed inevitabilmente pagano dazio nel secondo tempo. I fissati con la tattica disquisiranno a lungo sul passaggio alla difesa a quattro e alle idee interessanti viste in campo ma non mancano le cose che lasciano un attimo interdetti.
Le cose positive si sono viste più che altro a centrocampo, dove Pellegrini ed El Shaarawy sono apparsi a tratti incontenibili: con il capitano a dirigere le danze, il “Faraone” è sembrato un altro, deciso a non lasciarsi sfuggire l’occasione di prendersi di prepotenza un posto da titolare. Le giocate viste nel primo tempo sono quelle che facevano sognare la sponda rossonera del Naviglio e, nonostante nella ripresa sembri a corto d’ossigeno, ha fatto comunque un partitone. Pellegrini è poi dominante, tornando a fornire chiusure precise in copertura, gol e passaggi illuminanti. Anche Lukaku è apparso meno avulso dal gioco del solito: se il gol è tutta farina del suo sacco, è fondamentale anche in fase di costruzione sul 2-0.
Eppure non mancano le ombre, a partire dalla prova disastrosa di un Rui Patricio a volte inguardabile: se sul primo gol lo salva il Var, la rete di Folorunsho ce l’ha sulla coscienza lui. Aggiungi poi l’uscita di Spinazzola per problemi fisici e un Dybala ancora acciaccato, le sbavature di Llorente e Paredes ed il quadro non è del tutto rassicurante. Sono arrivati i tre punti e l’entusiasmo. Basterà per salvare la stagione della Roma?
Che brutto questo Monza (4)
Il calcio è bello perché, in fondo, rimane impossibile da decifrare. Come fa una squadra che, anche quando perdeva, impressionava per il suo bel gioco ad entrare in un giro di schiaffi che sembra non avere fine? Dopo una lunga luna di miele, i nodi per Palladino iniziano a venire al pettine. Come se non bastassero le 10 reti subite in tre partite, gli avanti del Monza non segnano neanche con le mani. Si fa in fretta a mettere in croce Mota Carvalho e Colombo ma, a parte qualche errore non da loro, se non ti arrivano palloni puliti come fai a segnare? Se l’unico che continua a crederci è Colpani, i brianzoli dalla cintola in giù mostrano un’involuzione davvero molto preoccupante. Non è ancora il momento di fare processi ma qualcosa è andato storto in quello spogliatoio e va risolto in fretta.
Quando anche uno solitamente granitico come Pablo Marì sembra quasi smarrito di fronte all’arrembaggio dei toscani e continuamente in affanno, capisci che una squadra è davvero in crisi. L’Empoli spadroneggia dalle parti di Izzo, tanto da far sospettare che Cambiaghi se lo sognerà di notte: quando entra D’Ambrosio la situazione sembra migliorare ma anche lui nel finale si spegne. Palladino di solito può sempre affidarsi ai suoi pretoriani, quei Caldirola e Pessina che raramente tradiscono. Al Castellani, invece, l’unico a creare problemi a Caprile è Gagliardini, che dalla distanza è sempre pericoloso. Se Pessina è stranamente abulico, Caldirola passa un pomeriggio da incubo ad inseguire Cerri. Le giornate storte capitano ma, forse, è il momento di guardarsi negli occhi e farsi domande scomode.
Quanti minus habens allo stadio (0)
Una tra le cose più spiacevoli che toccano a chi parla di sport è dover inventarsi un modo di commentare l’incommentabile, atti talmente demenziali da far dubitare della sanità mentale di chi si renda protagonista di robe del genere. Visto che la madre degli idioti è sempre incinta, questo weekend non ci siamo fatti mancare proprio niente. Abbiamo iniziato con i cori e gli ululati beceri di qualche imbecille che, colto da un eccesso di creatività, si è messo ad insultare il portiere del Milan per una cosa sulla quale non può avere controllo, il colore della sua pelle. Se ne sono dette di tutti i colori, da chi auspica il 3-0 a tavolino per responsabilità oggettiva, cosa che consegnerebbe le società alle frange più “inquinate” del tifo organizzato ai vari deliri sui social dei quali faremmo tutti volentieri a meno. La cosa che non riesco proprio a capire è come faccia una persona che ha speso bei soldi per andare allo stadio per sostenere la propria squadra a dare sfogo ai suoi istinti peggiori, come se non ci fossero mille telecamere pronte a fornire alla polizia le prove per l’inevitabile Daspo.
Invece di indurre i tifosi a più miti consigli, nella giornata di domenica ci sono stati altri due gesti altrettanto disdicevoli. Si è partiti con l’ennesima rissa in Autogrill tra facinorosi che passano per tifosi del Monza e della Spal, diretti alle rispettive partite ad Empoli e Perugia? Poche ore dopo, a Salerno, il ritorno al gol di Mateo Retegui, attaccante della nazionale italiana, è stato salutato da certi idioti con un lancio di oggetti, uno dei quali lo ha colpito alla testa. L’ex Tigre prima si butta a terra, poi si accorge che si trattava di una barretta energetica e torna a centrocampo. La reazione migliore è quella di Strootman, che la merendina se la mangia. La cosa non dovrebbe stupire nessuno. Gli impianti italiani sono stati invasi da anni da un numero crescente di minus habens che sembrano interessati a tutto tranne che al calcio. Alle società interessa solo che paghino il biglietto ma il gioco non vale la candela. Dobbiamo aspettare che succeda una tragedia prima di affrontare seriamente questo problema? Lascio a voi la risposta.