“Non troviamo la madre”. “Era con me fino a due giorni fa”. La bambina smentisce i terroristi di Hamas

"Non troviamo la madre". L'assurda scusa di Hamas che può far saltare l'accordo

La tregua tra Israele e Hamas rischia di saltare. Tra i tredici ostaggi rilasciati ieri dai terroristi dopo ore di ritardo, vi è la 13enne Hila Rotem, rapita insieme alla madre Raya dal kibburz Be’eri durante gli attacchi del 7 ottobre. La donna, però, si trova ancora a Gaza. “Non l’abbiamo trovata” è la giustificazione avanzata dai terroristi, ben consapevole che una delle condizioni dell’accordo mediato dal Qatar è il dievieto assoluto che un figlio venga separato dal genitore una volta rilasciato. La riposta di Israele non si è fatta attendere: “Hamas ha gravemente violato l’accordo e ha separato madre e figlia”. La stessa Hila Rotem ha smentito la versione dell’organizzazione palestinesi: “La mamma è stata sempre con me per tutta la prigionia. Hamas ci ha divise due giorni prima della liberazione. Le condizioni di mia madre erano buone. Hamas ha detto che c’era un cessate il fuoco e che ci liberavano“.

Il caso di Hila e di sua madre, inoltre, non sarebbe l’unico. Vi sono anche le due sorelle Noam e Alma Or, rispettivamente di 13 e 17 anni. La loro madre è stata uccisa il 7 ottobre e il padre si trova tutt’ora prigioniero nella Striscia assieme al nipote 18enne Liam. Hamas ha ammesso di non aver individuato neanche Itai Regev, fratello 18enne di Mia Regev, ragazza di 21 anni rilasciata con una ferita di proiettile alla gamba infertale durante il massacro del rave party “Supernova festival” e attualmente ricoverata all’ospedale di Soroka. Quest’ultimo caso non viola i termini dell’accordo tra Hamas e Tel Aviv, ma contribuisce ad aumentare le tensioni crescenti tra le due parti. Stando a quanto riferito dall’emittente N12, pare che i terroristi abbiano offerto di rilasciare donne anziane invece di Mia e Hila. Israele, però, avrebbe optato per queste ultime.

Accuse contro il gruppo terroristico sono arrivate anche dal kibbutz Be’eri, da cui provengono la maggioranza degli ostaggi rilasciati ieri. Pur esprimendo felicità per la liberazione dei membri della comunità, una delle più colpite negli attacchi di Hamas, i rappresentanti dell’insediamento hanno denunciato il fatto che “tre bambini di due famiglie del kibbutz sono stati separati dal loro unico genitore rimasto“.

Dopo meno di 72 ore dall’interruzione dei combattimenti, dunque, la tensione è tornata alle stelle. Oltre alle accuse mossa da Israele ad Hamas, vi sono anche le dichiarazioni della Mezzaluna Rossa palestinese, secondo cui le Idf avrebbero ucciso un agricoltore palestinese nel governatorato centrale della Striscia, e le parole di un altro funzionario della Croce Rossa, Pascal Hudt. Ai microfoni di Sky News, l’uomo ha ammesso di “non essere fiducioso” sulla liberazione del terzo gruppo di ostaggi prevista per oggi.

A tutti questi tasselli di un puzzle potenzialmente esplosivo, si aggiungono anche le tensioni di ieri pomeriggio. Alle 16.00 locali, infatti, era previsto il rilascio di 13 prigionieri da parte di Hamas e di 39 detenuti palestinesi dalle carceri di Tel Aviv. La procedura, però, è slittata di ore, poiché i terroristi hanno accusato Israele di aver violato le condizioni dell’intesa. In particolare, le brigate al-Qassam hanno dichiarato che avrebbero sospeso il rilascio degli ostaggi fino a quando lo Stato ebraico non avesse rispettoto “i termini dell’accordo di rilascio del secondo gruppo di prigionieri palestinesi e di portare tutti i camion di aiuti umanitari previsti nel nord della Striscia di Gaza“. La ripresa delle ostilità è stata evitata solo grazie all’intervento di Qatar, Egitto e Stati Uniti, ma non prima di un ultimatum di Israele: “Se il secondo gruppo di ostaggi non sarà liberato entro mezzanotte (le 23 italiane), ripartiranno le operazioni di terra nella Striscia di Gaza”.

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