Benjamin Netanyahu è sempre più isolato, e pur se Joe Biden tenta di minimizzare, tra i due i toni sono inesorabilmente più accesi. Dopo 27 giorni di silenzio il presidente americano è tornato a parlare con il premier per ribadirgli che gli Usa continuano a puntare sulla creazione di uno Stato palestinese, malgrado Bibi solo giovedì l’abbia esclusa (affermando che Israele deve controllare la sicurezza di «tutto il territorio a Ovest del fiume Giordano», compresa la Cisgiordania occupata e Gaza). In seguito al colloquio, alla domanda se una soluzione a due Stati sia impossibile con Netanyahu in carica, Biden ha risposto: «No, non lo è». Spiegando poi che il leader di Tel Aviv non è contrario a tutte le soluzioni a due Stati e ce ne sono «numerosi tipi, ci sono Paesi che sono membri dell’Onu e non hanno le loro forze armate. Penso che ci siano modalità in cui potrebbe funzionare».
Ma sono bastate poche ore per una smentita categorica. «Israele deve mantenere il pieno controllo della sicurezza della Striscia per garantire che Gaza non rappresenti più una minaccia, e questo è in conflitto con la richiesta di sovranità palestinese», ha detto l’ufficio di Netanyahu, sottolineando che questa è la posizione ribadita dal premier a Biden: gli «ha ripetuto la sua posizione coerente da anni». Parole che imbarazzano gli Usa, e hanno già scatenato una dura reazione da parte dell’Onu. «Il rifiuto di accettare la soluzione dei due Stati e la negazione del diritto a uno Stato per il popolo palestinese è inaccettabile», ha tuonato il segretario generale Antonio Guterres alla cerimonia di chiusura del 19° vertice del Movimento dei Non allineati a Kampala, in Uganda. «Ciò prolungherebbe indefinitamente il conflitto, che è diventato una grave minaccia per la pace e la sicurezza globale, esacerberebbe la polarizzazione e incoraggerebbe gli estremisti ovunque», ha proseguito, ribadendo che «il diritto dei palestinesi a costruire un proprio Stato deve essere riconosciuto da tutti». Sulla questione è intervenuto anche il rappresentante di Hamas Izzat al-Richiq, spiegando che «vendere l’illusione che Biden stia cercando di parlare dello Stato palestinese non inganna il nostro popolo. Il presidente Usa è un partner a pieno titolo nella guerra del genocidio e il nostro popolo non si aspetta nulla di buono da lui», ha scritto su Telegram.
A Washington, intanto, decine di democratici chiedono all’amministrazione di riaffermare la netta opposizione degli Usa a un «forzato e permanente» reinsediamento dei palestinesi fuori da Gaza. Sessanta deputati hanno firmato una lettera indirizzata al segretario di Stato Antony Blinken per fare pressione, mossa che si aggiunge alla richiesta dei progressisti di reimpostare i rapporti con Israele dopo le parole di Netanyahu. Secondo Thomas Friedman, editorialista del New York Times due volte premio Pulitzer, il sostegno al leader israeliano sta costando a Biden l’appoggio della sua base liberal. «Netanyahu si sta rivoltando contro di lui», ha sottolineato, e quest’anno il presidente «sembra avviato a correre due volte: una in America contro Donald Trump e una in Israele contro Bibi». Intanto l’esercito israeliano ha smentito la ricostruzione del Nyt secondo cui gli obiettivi del governo di Tel Aviv di liberare gli ostaggi e distruggere Hamas sono «reciprocamente incompatibili» visto che per sradicare Hamas l’esercito dovrebbe impegnarsi in una lunga guerra che costerebbe probabilmente la vita degli ostaggi. Il quotidiano ha citato quattro esponenti anonimi dell’Idf, ma l’esercito israeliano ha affermato che i commenti «non erano noti» alle forze armate e non «riflettono la posizione delle stesse», poiché «il rilascio degli ostaggi fa parte degli obiettivi della guerra ed è uno sforzo supremo da parte dell’Idf».