Pd, silenzio tombale sul tradimento di Elly. Gli “amici d’Israele” fanno tutti scena muta

L'ultima follia della Schlein: un sit-in per difendere il giornalismo fazioso

La notizia del giorno dopo è il silenzio. Un mutismo che ci restituisce l’immagine di un Pd schiacciato sulle posizioni di Elly Schlein. Non una voce si alza contro la richiesta della segretaria di uno stop a presunte e imprecisate spedizioni di armi verso Israele. «Dobbiamo porci la questione di evitare di alimentare i conflitti, evitare l’invio di armi in particolare a Israele: non si può rischiare che vengano utilizzate per commettere quelli che si possano configurare come crimini di guerra», ha detto venerdì Schlein chiudendo il conclave dem di Gubbio. Ma il punto è politico. Una decisa sterzata verso la sinistra massimalista, a rimorchio del «pacifismo» di Giuseppe Conte. Una fuga in avanti che sembra avere cancellato quella parte del Pd più sensibile alle ragioni dello Stato ebraico. Dopo ventiquattro ore si sa che esistono, eppure non si vedono. Il disagio viene espresso a mezza bocca, masticando «non so», sputando «no comment» qua e là. Facciamo qualche nome. Lorenzo Guerini, garante dell’atlantismo dem, ex ministro della Difesa, presidente del Copasir, vicino a Israele, non parla. Il 9 ottobre, due giorni dopo gli attentati di Hamas, l’ex ministro consegnava le sue riflessioni a La Repubblica. «Il Pd è dalla parte giusta: con Israele come già con l’Ucraina». E ancora: «Contro il terrorismo i progressisti si schierano con libertà e democrazia». A proposito di parallelismi, Guerini si è fatto sentire in Parlamento sull’Ucraina. Il 10 gennaio il deputato alla Camera si è smarcato dalle indicazioni del suo partito, votando a favore della proroga dell’invio di armi a Kiev. Il Pd si è astenuto. Con il presidente del Copasir hanno detto sì agli aiuti bellici all’Ucraina anche Marianna Madia e Lia Quartapelle. Le stesse che si autocensurano dopo le ultime parole di Schlein sulle armi che incentiverebbero i «crimini di guerra» di Israele. E pensare che Quartapelle, il 13 ottobre 2023, in un’intervista a Il Foglio era perentoria: «Nessuna alleanza con chi è ambiguo su Israele».

Anche al Senato sull’Ucraina si è materializzata una fronda. A Palazzo Madama si sono smarcati Dario Parrini, Filippo Sensi, Simona Malpezzi, Valeria Valente e Pier Ferdinando Casini. Nessuno di loro esprime un controcanto alla volontà di Schlein di disarmare Israele. Sensi si limita a commentare le proteste di Vicenza e stigmatizza l’antisemitismo. Identico l’atteggiamento di un altro parlamentare del Pd, storicamente vicino allo Stato ebraico, ovvero il deputato Piero Fassino. Fassino parla dei disordini vicentini, ma salta l’ostacolo delle proposte «pacifiste» di Schlein.

Il parlamentare torinese è uno degli animatori dell’associazione «Sinistra per Israele», che annovera tra i suoi primi firmatari anche Furio Colombo, Walter Veltroni, Giuliano Amato, Emanuele Fiano. Nessuno si distingue da Schlein. Almeno pubblicamente. Non interviene nemmeno il senatore riformista Alessandro Alfieri, componente della segreteria dem. Così come l’europarlamentare Pina Picierno. Mentre si schierano con la leader Andrea Orlando, Laura Boldrini, Arturo Scotto. Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva al Senato, accusa: «Il Pd al Parlamento europeo ha votato un emendamento della sinistra radicale con chiarissimo sapore anti-israeliano». Alla segretaria risponde nel merito il ministro degli Esteri Antonio Tajani: «L’Italia non invia armi a Israele dall’inizio della guerra a Gaza, Schlein è male informata». Gli fa eco Carlo Calenda, di Azione: «Come è possibile che la segretaria del più grande partito di opposizione italiano non sappia che non stiamo vendendo armi ad Israele?». Dal Fdi attacca il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida: «Da Schlein parole poco chiare sulla difesa di Israele».

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