La notizia, e non sappiamo dire se buona o cattiva, è comparsa su un’autorevole rivista scientifica a dicembre, ma a rilanciarla a favor di popolo, ora, è il Washington Post. Sulla base di un numero impressionante di dati relativi a sei milioni di individui esaminati e studiati per mesi, un nuovo modello di Intelligenza artificiale sviluppato all’interno della Technical University della Danimarca terra di Amleto, di teschi e di «Essere o non essere?» – ha imparato a elaborare previsioni sulla morte precoce di una persona con una precisione del
78%. Un inquietante «Super Calcolatore» del nostro destino, per alcuni. Un utile strumento per prevedere future malattie e migliorare le condizioni di vita, per altri. Quale che sia, resta il fatto che se l’Uomo finora non è mai stato in grado di decidere fino a quando può vivere, almeno aveva la libertà di non sapere quando deve morire. Adesso non possiamo neppure farlo in pace.
Curioso. L’Intelligenza artificiale è appena nata e già decide della morte. Degli altri. Temiamo sarà difficile farci amicizia.
I più ottimisti, incantati dalle prestazioni dei
primi software progettati per simulare una conversazione con un essere umano, avevano profetizzato che l’Intelligenza artificiale ci avrebbe fatto sconfiggere anche la morte. È finita che è in grado di prevederla.
A meno che non la disattiviamo prima.