Dalla crisi in Medio Oriente all’Ucraina, senza trascurare l’importanza di un partenariato bilaterale che coinvolge anche un terreno sensibile come quello della Difesa e delle armi. E che in prospettiva, non solo nell’ambito militare, è destinato a crescere negli anni a venire. Non solo per l’azione di rafforzamento della Jetco, la Commissione congiunta delle relazioni commerciali tra Roma e Ankara, ma anche perché Italia e Turchia organizzeranno insieme gli Europei 2032. Mancano ancora otto anni, certo. Ma il calcio non è solo sport. È un ponte geopolitico che avvicina diplomazie e interessi economici.
Di tutto questo parleranno stasera a Istanbul Giorgia Meloni e Recep Tayyip Erdogan, presidente della Turchia. Che riceverà la premier italiana per il loro primo bilaterale – con annessa cena – a Palazzo Vahdettin, nella zona asiatica della città. Una residenza presidenziale circondata da un bosco di 300 alberi tra querce e cedri che – corsi e ricorsi della storia – durante la guerra di Crimea, a metà dell’Ottocento, era adibito ad ospedale per i bersaglieri italiani feriti.
Per Meloni è il primo viaggio all’estero da quando, dal primo gennaio, è presidente di turno del G7. Una scelta non casuale quella di inaugurare
l’agenda internazionale del 2024 – un anno in cui la premier è intenzionata a concentrarsi molto sul fronte diplomatico – con un bilaterale «pesante» come quello con Erdogan, leader di un Paese che delle sue contraddizioni sta facendo ormai da anni la sua forza. Occidentale ma musulmano, nella Nato (di cui è il secondo contributore in termini di truppe) ma fieramente schierato contro Israele (proprio ieri Erdogan ha nuovamente paragonato Benjamin Netanyahu a Hitler), collaborativo con l’Ucraina ma con un canale permanente aperto con Vladimir Putin. Insomma, l’equilibrismo fatta persona. Che poi è la principale ragione per cui Meloni ha dovuto mettere da parte i suoi dubbi sulla Turchia, ribaditi più volte quando la leader di Fdi era ancora all’opposizione. E sottolineati ieri da buona parte della stampa turca, che oltre a fornire dettagli sulla location del bilaterale ricordava le critiche della premier italiana al Sultano di Ankara. Molto simili a quelle di Mario Draghi, che da presidente del Consiglio si spinse a definirlo «un dittatore» con cui «bisogna cooperare». Ma poi, archiviando la propaganda e mettendo in campo la realpolitik, quando le cose si vedono dalla prospettiva di Palazzo Chigi è chiaro che l’approccio cambia. Erdogan, piaccia o no, è uno dei player decisivi nella crisi tra Israele e Gaza (vedi la trattativa per gli ostaggi) e in quella tra Kiev e Mosca (parla e tratta sia con Volodymyr Zelensky che con Putin, vedi l’accordo sul grano). Impossibile, insomma, non sedersi a tavolo con lui.
Peraltro, al netto della geopolitica (Medio Oriente e Ucraina) che Meloni oggi discuterà da presidente del G7, c’è il fronte interno. La questione energetica, legata al ruolo della Turchia che ambisce a diventare anche lei hub verso l’Occidente, e l’interscambio bilaterale. Infrastrutture e siderurgia, con l’assegnazione da parte del gruppo turco Habas a Danieli di un ordine per un nuovo impianto da costruire vicino a Izmir che avrà una capacità produttiva di 0,9 milioni di tonnellate di acciaio l’anno.
Ma anche difesa. L’Aeronautica Militare, infatti, acquisterà i primi droni da combattimento a pilotaggio remoto (Ucav) e con capacità di trasportare armi. L’Astore, sviluppato dall’italiana Leonardo, è un velivolo a turboelica con un’apertura alare di 12 metri e una lunghezza di 7,5 metri, ha un peso massimo al decollo di 650 chili e può trasportare fino a 120 chili di carico utile. Nel quale sono comprese fino a quattro armi leggere, come razzi o missili. Tra cui i Cirit da 70 mm a guida laser, che saranno prodotti dalla Roketsan, azienda turca con sede ad Ankara.