All’Italia manca un “supermuseo”? Sì, ma il nostro Paese è di per sé un brand

All'Italia manca un "supermuseo"? Sì, ma il nostro Paese è di per sé un brand

Brand è una parola molto usata perché, nel mondo del marketing, della visibilità e dei social, avere un brand, pubblicizzare un brand, o fare di sé stessi un brand è considerato un mantra. Il brand – che sarebbe il marchio – viene inteso come qualcosa in grado di «identificare» un prodotto e, soprattutto, di farlo immediatamente identificare dal pubblico dei consumatori. E questo prodotto può essere un oggetto da acquistare, una persona da cui farsi influenzare, o… un Paese da visitare. Come l’Italia, con le sue innumerevoli bellezze artistiche, storiche, archeologiche, etc etc. Ieri, sul quotidiano Il Foglio, spiccava una polemica, sorta in questi giorni, proprio a partire da un articolo del direttore Claudio Cerasa sull’incapacità del governo attuale di occuparsi di egemonia italiana nel mondo, al quale ha risposto, con una lettera, il ministro Sangiuliano; titolo: All’egemonia culturale italiana manca un brand. Ci scrive Sangiuliano.

Nella sua lettera, il ministro della Cultura ricorda una serie di azioni intraprese per «la costruzione di un nuovo immaginario positivo italiano nel mondo» ma il punto, secondo Cerasa, è proprio il brand: «Oggi manca quello che forse sarebbe il progetto più ambizioso per un’Italia desiderosa di affermare la sua egemonia nel mondo: avere un suo grande museo nazionale, trasformarlo in un brand internazionale e diffondere quel brand ovunque nel globo terracqueo». Per esempio: «Parigi ha il Louvre. New York ha il MoMa. Londra ha il British. Noi no. E temo che continueremo a non averlo».

L’idea ha una sua suggestione: un museo/brand, che simboleggi l’Italia nel mondo, che la renda subito identificabile e appetibile per gli stranieri, in modo da attrarre sempre più turisti. Un Louvre italiano… Però pensiamoci: e che cosa ci metteremmo, dentro? Qualcosa di diverso dai capolavori già esposti in altri musei? Per esempio, chiediamo agli Uffizi se si vogliano privare con gioia della Nascita di Venere di Botticelli, o alla Pinacoteca di Brera se non veda l’ora di cedere il Cristo morto di Mantegna? E poi, dove lo costruiremmo? A Roma, togliendo centralità artistica agli Uffizi, supponendo che questi ultimi non siano già un brand di tal fatta? Oppure a Firenze, togliendo però a Roma la sua centralità storica? Dicendo, insomma, che Roma è Roma e sì, c’è qualche millennio di Storia a cielo aperto e perfino sottoterra da ammirare – il Colosseo, tanto per fare un esempio che probabilmente potrebbe altrettanto richiamare il famoso concetto di brand – ma non è abbastanza.

Questo per dire che l’idea di un grande museo nazionale/brand che dia ancora più splendore alle bellezze italiane è attraente ma che, allo stesso tempo, forse non è ancora stata realizzata non soltanto per le stranote vicissitudini che caratterizzano qualsiasi progetto in Italia dalla notte dei tempi in avanti (figuriamoci un progetto culturale…) e che di solito conducono, nel migliore dei casi, a infinite lungaggini nella sua realizzazione (sempre che questa avvenga davvero): il fatto è che, se riflettiamo su ciò che possa essere considerato un brand culturale, in Italia ne abbiamo moltissimi. Pur non avendo, certo, un supermuseo. Poi ci sono Paesi che hanno un supermuseo, ma non hanno tutto il resto.

Per esempio, il Louvre è straordinario, ed è il museo più visitato al mondo, ma in Francia non c’è il Colosseo, non ci sono i Fori imperiali. Giusto per dire. E il British è una meta imperdibile, ma non è che poi ci siano, nei paraggi, la Basilica di Assisi con gli affreschi di Giotto; peraltro, chi volesse spingersi qualche centinaio di chilometri più a Nord, potrebbe vedere anche quelli della Cappella degli Scrovegni… E poi va bene, non si può non visitare il MoMa, però poi nemmeno New York ha la Reggia di Caserta, o Capodimonte, o Palazzo Te, o l’Ultima cena di Leonardo.

Forse noi dovremmo invidiare il Louvre e il MoMa, ma allora gli altri che cosa dovrebbero fare? Dopo questo breve elenco di meraviglie che qualsiasi altro Paese farebbe carte false per avere (si sa che in passato si è fatto anche di peggio, pur di possedere i capolavori altrui, per poi metterli in mostra, così da vantare dei supermusei visitatissimi…) ci si può anche chiedere se all’egemonia culturale italiana manchi un brand oppure se questa cultura italiana unica e meravigliosa non sia già, essa stessa, un brand. Come dire, oltre il marketing (che è utilissimo, fondamentale, ma non è tutto) una identità – sfaccettata, complessa e irripetibile.

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