“L’Occidente si difenda dal socialismo”

"L'Occidente si difenda dal socialismo"

Buon pomeriggio. Oggi sono qui per dirvi che il mondo occidentale è in pericolo. Ed è in pericolo perché coloro che dovrebbero difendere i valori dell’Occidente sono cooptati (…)

(…) da una visione del mondo che porta inesorabilmente al socialismo e quindi alla povertà. Purtroppo, negli ultimi decenni, i principali leader del mondo occidentale hanno abbandonato il modello di libertà per diverse versioni di quello che chiamiamo collettivismo. Alcuni sono stati motivati da individui benintenzionati e desiderosi di aiutare gli altri, altri dal desiderio di appartenere a una casta privilegiata. Siamo qui per dirvi che gli esperimenti collettivisti non sono mai la soluzione ai problemi che affliggono i cittadini del mondo. Piuttosto, ne sono la causa principale. Credetemi: nessuno meglio di noi argentini può testimoniare questi due punti. Trentacinque anni dopo aver adottato il modello di libertà, nel 1860, siamo diventati una delle principali potenze mondiali. Quando poi, nel corso degli ultimi 100 anni, abbiamo abbracciato il collettivismo, abbiamo visto come i nostri cittadini hanno iniziato a impoverirsi sistematicamente e siamo scesi al numero 140 a livello globale. Ma prima di discutere, sarebbe importante dare un’occhiata ai dati che dimostrano perché il capitalismo della libera impresa non è solo l’unico sistema possibile per porre fine alla povertà nel mondo, ma anche l’unico sistema moralmente desiderabile per raggiungere questo obiettivo.

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Detto questo, se si analizza il Pil pro capite dal 1800 a oggi, si nota che dopo la rivoluzione industriale il Pil pro capite mondiale si è moltiplicato per oltre 15 volte, il che ha significato un boom di crescita che ha fatto uscire dalla povertà il 90% della popolazione mondiale. Ricordiamo che nel 1800 circa il 95% della popolazione mondiale viveva in condizioni di estrema povertà. E questa cifra è scesa al 5% entro il 2020, prima della pandemia. La conclusione è ovvia. Lungi dall’essere la causa dei nostri problemi, il capitalismo di libero scambio come sistema economico è l’unico strumento che abbiamo per porre fine alla fame, alla povertà e alla povertà estrema in tutto il pianeta. L’evidenza empirica è indiscutibile. Pertanto, poiché non c’è dubbio che il capitalismo di libera impresa sia superiore in termini produttivi, la doxa di sinistra ha attaccato il capitalismo, adducendo questioni di moralità, dicendo – questo è ciò che sostengono i detrattori – che è ingiusto. Dicono che il capitalismo è cattivo perché è individualista e che il collettivismo è buono perché è altruista. Naturalmente, con i soldi degli altri. Per questo sostengono la giustizia sociale. Ma questo concetto, che nel mondo sviluppato è diventato di moda in tempi recenti, nel mio Paese è una costante del discorso politico da oltre 80 anni. Il problema è che la giustizia sociale non è giusta e non contribuisce al benessere generale. Al contrario, è un’idea intrinsecamente ingiusta perché violenta. È ingiusta perché lo Stato si finanzia con le tasse e le tasse vengono riscosse in modo coercitivo. O qualcuno di noi può dire di pagare volontariamente le tasse? Questo significa che lo Stato si finanzia con la coercizione e che più alta è la pressione fiscale, più alta è la coercizione e più bassa è la libertà. Chi promuove la giustizia sociale parte dall’idea che l’intera economia sia una torta che può essere suddivisa in modo diverso. Ma questa torta non è un dato di fatto. È una ricchezza che si genera in quello che Israel Kirzner, per esempio, chiama processo di scoperta del mercato. Se i beni o i servizi offerti da un’azienda non sono richiesti, l’azienda fallirà se non si adatta a ciò che il mercato richiede. L’azienda avrà successo e produrrà di più se realizzerà un prodotto di buona qualità a un prezzo interessante. Il mercato è quindi un processo di scoperta in cui i capitalisti trovano la strada giusta man mano che procedono. Ma se lo Stato punisce i capitalisti quando hanno successo e ostacola il processo di scoperta, distruggerà i loro incentivi e la conseguenza sarà che produrranno meno. La torta sarà più piccola e questo danneggerà la società nel suo complesso. Il collettivismo, inibendo questi processi di scoperta e ostacolando l’appropriazione delle scoperte, finisce per legare le mani degli imprenditori e impedire loro di offrire beni e servizi migliori a un prezzo migliore.

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Che cosa intendiamo quando parliamo di libertarismo? E permettetemi di citare le parole della massima autorità argentina in materia di libertà, il professor Alberto Benegas Lynch Jr, che dice che il libertarismo è il rispetto illimitato del progetto di vita altrui basato sul principio di non aggressione, in difesa del diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà.

Le sue istituzioni fondamentali sono la proprietà privata, i mercati liberi dall’intervento dello Stato, la libera concorrenza, la divisione del lavoro e la cooperazione sociale, in cui il successo si ottiene solo servendo gli altri con beni di migliore qualità o a un prezzo migliore. In altre parole, gli imprenditori capitalisti di successo sono benefattori sociali che, lungi dall’appropriarsi della ricchezza altrui, contribuiscono al benessere generale. In definitiva, un imprenditore di successo è un eroe. È questo il modello che sosteniamo per l’Argentina del futuro. Un modello basato sul principio fondamentale del libertarismo. La difesa della vita, della libertà e della proprietà.

Ora, se la libera impresa, il capitalismo e la libertà economica si sono dimostrati strumenti straordinari per porre fine alla povertà nel mondo, e siamo ora nel momento migliore della storia dell’umanità, vale la pena chiedersi perché dico che l’Occidente è in pericolo. E lo dico proprio perché nei Paesi che dovrebbero difendere i valori del libero mercato, della proprietà privata e delle altre istituzioni del libertarismo, settori dell’establishment politico ed economico stanno minando le basi del libertarismo, aprendo le porte al socialismo e condannandoci potenzialmente alla povertà, alla miseria e alla stagnazione. Non bisogna mai dimenticare che il socialismo è sempre e ovunque un fenomeno impoverente che ha fallito in tutti i Paesi in cui è stato sperimentato. È stato un fallimento economico, sociale, culturale e ha ucciso oltre 100 milioni di esseri umani. Il problema essenziale dell’Occidente oggi non è solo quello di dover fare i conti con coloro che, anche dopo la caduta del Muro di Berlino e la schiacciante evidenza empirica, continuano a sostenere un socialismo impoverente. Ma anche con i nostri stessi leader, pensatori e accademici che si basano su un quadro teorico sbagliato per minare i fondamenti del sistema che ci ha dato la più grande espansione di ricchezza e prosperità della nostra storia. Il quadro teorico a cui mi riferisco è quello della teoria economica neoclassica, che progetta un insieme di strumenti che, involontariamente o senza volerlo, finiscono per servire l’intervento dello Stato, il socialismo e il degrado sociale. Con il pretesto di un presunto fallimento del mercato, vengono introdotte delle regolamentazioni. Queste normative creano distorsioni nel sistema dei prezzi, impediscono il calcolo economico e quindi impediscono anche il risparmio, gli investimenti e la crescita. Tuttavia, di fronte alla dimostrazione teorica che l’intervento dello Stato è dannoso – e l’evidenza empirica del suo fallimento non poteva essere altrimenti – la soluzione proposta dai collettivisti non è una maggiore libertà, ma piuttosto una maggiore regolamentazione, che crea una spirale discendente di norme finché non saremo tutti più poveri e le nostre vite dipenderanno da un burocrate seduto in un ufficio di lusso.

Visto il triste fallimento dei modelli collettivisti e gli innegabili progressi del mondo libero, i socialisti sono stati costretti a cambiare il loro programma: hanno abbandonato la lotta di classe basata sul sistema economico e l’hanno sostituita con altri presunti conflitti sociali, altrettanto dannosi per la vita e la crescita economica.

La prima di queste nuove battaglie è stata la ridicola e innaturale lotta tra uomo e donna. Il libertarismo prevede già la parità dei sessi. La pietra miliare del nostro credo è che tutti gli esseri umani sono creati uguali e che tutti abbiamo gli stessi diritti inalienabili concessi dal Creatore, tra cui la vita, la libertà e la proprietà. L’agenda del femminismo radicale ha portato solo a un maggiore intervento dello Stato per ostacolare il processo economico, dando lavoro a burocrati che non hanno contribuito in alcun modo alla società. Ne sono un esempio i ministeri delle donne o le organizzazioni internazionali che si dedicano alla promozione di questa agenda.

Un altro conflitto presentato dai socialisti è quello degli esseri umani contro la natura, sostenendo che noi esseri umani danneggiamo un pianeta che dovrebbe essere protetto a tutti i costi, arrivando persino a sostenere i meccanismi di controllo della popolazione o l’agenda dell’aborto. Purtroppo, queste idee dannose hanno preso piede nella nostra società. I neomarxisti sono riusciti a cooptare il senso comune del mondo occidentale, appropriandosi dei media, della cultura, delle università e anche delle organizzazioni internazionali. Quest’ultimo caso è il più grave, probabilmente perché si tratta di istituzioni che hanno un’enorme influenza sulle decisioni politiche ed economiche dei loro Stati membri.

Fortunatamente siamo sempre di più ad avere il coraggio di far sentire la nostra voce, perché vediamo che se non lottiamo davvero e con decisione contro queste idee, l’unico destino possibile è quello di avere livelli crescenti di regolamentazione statale, socialismo, povertà e meno libertà, e quindi standard di vita peggiori.

Javier Milei

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