Tramontano e Cecchettin. La rabbia delle sorelle: “Perdono impossibile”

Tramontano e Cecchettin. La rabbia delle sorelle: "Perdono impossibile"

«Effimero tentativo di insinuare un blackout di una notte. La tua crudeltà e disumanità si sono protratte per sei mesi in cui hai avvelenato mia sorella e mio nipote, premeditando la loro morte. Puoi averlo dimenticato tu o i tuoi consiglieri, non io». Così Chiara Tramontano è tornata ieri sui social a rivolgersi ad Alessandro Impagnatiello, l’assassino reo confesso di sua sorella Giulia, che era incinta di sette mesi di Thiago. L’uomo, due giorni fa nella prima udienza del processo a suo carico per omicidio volontario pluriaggravato davanti alla Corte d’assise di Milano, aveva fatto dichiarazioni spontanee. Aveva chiesto scusa in lacrime alla famiglia Tramontano, presente in aula, dicendo di essere devastato da quanto aveva fatto e di non sapersi spiegare che cosa gli fosse scattato dentro quella sera.

Un pentimento che per i familiari della vittima, uccisa con 37 coltellate lo scorso 27 maggio nella casa della coppia a Senago, non sarebbe affatto sincero. Non appena Impagnatiello si è seduto sul banco degli imputati per parlare, sia Chiara sia il padre Franco sono usciti dall’aula. Poco dopo, e prima per prendere l’aereo per tornare in provincia di Napoli dove vive la famiglia, la giovane su Instagram aveva scritto: «Puoi chiedere scusa se per errore hai urtato lo specchietto della mia auto. Non puoi chiedere scusa se hai avvelenato mia sorella e mio nipote, prendendoci in giro e deridendone la sua figura. Non hai diritto a pronunciare, invocare o pensare a Giulia e Thiago. Dopo averli uccisi barbaramente meriti di svegliarti ogni giorno in galera ripensando a ciò che hai fatto e provando ribrezzo per te stesso». I genitori, la sorella e il fratello della 29enne uccisa si sono costituiti parte civile al processo, rappresentati dall’avvocato Giovanni Cacciapuoti.

Una delle aggravanti contestate al 30enne ex barman all’Armani Hotel, è la premeditazione. È uno degli aspetti chiave dell’inchiesta portata avanti dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo che puntano a una condanna all’ergastolo. Secondo le indagini infatti, Impagnatiello prima dell’omicidio è andato avanti per mesi a far ingerire a Giulia un topicida, per avvelenarla o per far morire il feto. E lo stava già facendo il 17 marzo, nel momento in cui appariva sorridente insieme alla fidanzata nel video della festa del «baby shower» in cui ha scoperto il sesso del nascituro. Il video sarà mostrato come prova durante il processo.

Intanto ieri Elena Cecchettin, sorella di Giulia, uccisa dall’ex Filippo Turetta, ha scritto alla famiglia Tramontano via social: «La narrativa della violenza di genere deve cambiare. Solidarietà alla famiglia di Giulia Tramontano. Immaginate essere la famiglia di una vittima di femminicidio e, dopo la prima udienza del processo, vedere ogni giornale titolare articoli e prime pagine alle lacrime e al taglio di capelli del femminicida. In più: metà di questi giornali chiamerà il fatto omicidio, non femminicidio. Molti di questi titoli non prevedono il nome di Giulia Tramontano, ma solo del suo femminicida». Per la ragazza, i media trattano questi casi in «maniera irrispettosa e facendo clickbait».

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