I nostri caschi blu in Libano potrebbero venire impiegati a Gaza per pacificare la Striscia dopo la sconfitta militare di Hamas. Il piano italiano è stato rivelato ieri dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani. «Gli oltre 1.000 militari italiani in Libano sono là per una missione dell’Onu. Qualora servisse a Gaza, in una fase di transizione noi siamo pronti a inviare i nostri militari come portatori di pace», ha dichiarato a Radio 24 il vicepremier. Al momento «è solo un’ipotesi» conferma il ministro a Il Giornale, che prevede il ritiro dei nostri caschi blu in Libano per utilizzare un contingente simile a Gaza. Il 6 dicembre in un intervento alla Camera, il responsabile della Difesa, Guido Crosetto, aveva preannunciato che nei suoi incontri all’Onu con il Segretario Generale Guterres e il vice Jean-Pierre Lacroix, responsabile per le missioni di pace, si era «posto l’accento sulla necessità di pensare a una possibile operazione post-conflitto». Crosetto, «auspicando il coinvolgimento e la partecipazione dei Paesi arabi moderati», aveva dato «la disponibilità dell’Italia anche in un ruolo di rilievo».
Tajani lo ha confermato ieri: «Abbiamo sempre detto che a Gaza, qualora si dovesse decidere, finita la guerra, di dar vita a una fase di transizione, con una guida di un paese arabo di una missione di pace per evitare che ricominci il conflitto, siamo pronti ad inviare i nostri militari». Il disimpegno dal Libano ha una sua logica: i caschi blu non sono riusciti, ancora una volta, a fermare l’escalation del conflitto sul fronte Nord fra Hezbollah e le Forze di difesa israeliane. Quando cominciano a volare razzi e colpi di artiglieria si chiudono nei bunker. Un motivo in più per andarcene e impiegare mille uomini in una missione a Gaza nella speranza che funzioni meglio.
In Libano abbiamo 1.256 uomini con 374 mezzi terrestri e 6 elicotteri e velivoli. L’operazione si chiama Leonte e in questo momento di massima tensione si basa sulla brigata «Granatieri di Sardegna». Il comandante del nostro contingente e dell’intero settore Ovest del Libano per Unifil è il generale Giovanni Brafa Musicoro.
Da un punto di vista operativo non si sposta un contingente del genere dal Libano a Gaza come un pacco postale, ma si potrebbero ridurre le «inutili» forze nel paese dei cedri quando partirà la missione di stabilizzazione a Gaza inviando truppe fresche in numero e assetti più o meno uguali.
In realtà i militari italiani stanno già operando in vista dell’operazione Levante, che prevede «lo schieramento di un ospedale da campo» nella Striscia, aveva dichiarato Crosetto. Il 5 dicembre «è stata avviata la ricognizione da parte di un nostro team militare nel Sud di Gaza per effettuare le valutazioni di carattere operativo, logistiche e di sicurezza».
Il piano italiano ha schierato pure nave Vulcano, attraccata al porto egiziano di Al Arish, che a bordo ha la capacità di un ospedale Role 2 plus, per curare feriti palestinesi gravi provenienti dalla Striscia. L’unità rientrerà a breve, ma nel Mar Rosso è operativa da giovedì la fregata lanciamissili Federico Martinengo, che scorta i mercantili per proteggerli dai lanci di missili e droni dallo Yemen. E da febbraio manderemo in teatro un ammiraglio che dovrebbe prendere il comando della vecchia missione anti pirateria Atalanta oggi utilizzata per le nuove minacce.
La prossima settimana la Ue dovrebbe varare l’operazione Aspis, che in greco significa scudo, fra il Mar Rosso e il Golfo Persico, con la partecipazione italiana. Tajani ha ribadito che tutte le missioni europee hanno carattere difensivo, ma in questo caso «sarà una difesa forte».