“Due Stati per avere la pace”. Il “no” di Netanyahu a Biden

Un autovelox rotto indigna più di un genocidio

Per ora il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza sembra un miraggio, mentre i razzi di Hamas continuano a essere lanciati su Israele, l’offensiva israeliana è ancora in pieno corso e tutto il Medio Oriente nel frattempo si è infiammato, dal Mar Rosso all’Iran, dalla Siria al Pakistan. Eppure l’indiscrezione del Financial Times è il filo a cui sono appese le speranze di uno stop alle ostilità. Secondo il quotidiano britannico, gli Stati arabi stanno lavorando a un’iniziativa per garantire un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Si tratterebbe di una mossa parte di un piano più ampio, che potrebbe offrire a Israele una normalizzazione delle relazioni con il mondo arabo, sempre che lo Stato ebraico accetti di compiere passi «irreversibili» per la creazione di uno Stato palestinese.

I funzionari arabi, che sperano di presentare il piano formalmente entro poche settimane, lo hanno già discusso con l’Amministrazione americana e i governi europei, chiamati a riconoscere formalmente lo Stato palestinese o a sostenere la piena adesione dei palestinesi all’Onu. L’accordo prevederebbe anche una sorta di premio, quella formalizzazione dei legami tra Arabia Saudita e Israele che si stava raggiungendo prima che Hamas attaccasse brutalmente Israele il 7 ottobre e poi naufragata con l’esplosione del conflitto armato.

Finora il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è detto contrario alla nascita di uno Stato palestinese e a dicembre si è definito addirittura «orgoglioso» di averla impedita. Un «no» ribadito ancora ieri, nonostante gli Stati Uniti abbiano spiegato in più occasioni che Hamas non può essere rimosso solo con mezzi militari e che il mancato riconoscimento provocherà perenni tensioni. «Ho fermato il tentativo di imporci una realtà che avrebbe danneggiato la sicurezza di Israele», ha commentato Netanyahu confermando il clima teso fra i due alleati e provocando la risposta della Casa Bianca, che ha riaffermato invece la convinzione dei due Stati come «soluzione migliore». Anche Hamas, il giorno prima, si era detta del tutto contraria alla soluzione a due Stati..

Nel frattempo, si continua a lavorare all’altra questione fondamentale: il futuro della Striscia di Gaza quando la guerra finirà. Secondo Sky News Arabia, gli Stati Uniti stanno cercando un accordo con Israele e i Paesi arabi perché l’Autorità nazionale palestinese (Anp) possa governare la Striscia dopo il conflitto, con un’amministrazione inizialmente civile, rinforzata solo dalle forze di polizia. In realtà, anche l’idea di affidare il potere all’Anp a Gaza, in futuro, non è mai andata a genio a Netanyahu. Sempre a dicembre, il primo ministro aveva promesso: «Finché sarò premier io, l’Anp non governerà la Striscia». Ma Stati Uniti e Paesi arabi ci riprovano, con Washington che da tempo cerca di convincere il governo israeliano a terminare il conflitto prima possibile, per evitare che Israele perda completamente il sostegno dell’opinione pubblica internazionale. La proposta sul futuro di Gaza comprende «l’addestramento dei servizi di sicurezza palestinesi, con l’esclusione del coinvolgimento di Hamas e di qualsiasi organizzazione armata che si opponga alla soluzione dei due Stati». Quanto alle garanzie per la sicurezza, Washington starebbe lavorando sulla presenza di forze di interposizione arabe e internazionali tra la Striscia e Israele e tra la Striscia e i confini egiziani.

Un filo di speranza arriva dal presidente israeliano Herzog, dal Forum di Davos: «Gli israeliani hanno perso fiducia nel processo di pace», ha ammesso, salvo aggiungere che «Israele vuole un futuro in cui possiamo convivere con i palestinesi. Ma prima di parlare di una soluzione a due Stati servono garanzie di sicurezza».

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