– Massimo Gramellini commenta la vicenda del liceo Tasso di Roma, dove gli studenti occupanti verranno puniti col 5 in condotta e dieci giorni di sospensione, mentre i genitori si schierano con la prole anziché col preside. Gramellini fa un discorso ragionevole (i padri dovrebbero stare dalla parte della scuola, anche se non condividono, e lasciare liberi i figli di ribellarsi), ma parte da un presupposto sbagliato: gli studenti di oggi sono “figli” di quei signori che la ribellione l’hanno praticata e considerano ogni autorità una prevaricazione. Se i padri di oggi giocano a essere gli amichetti dei ragazzi anziché educatori, la colpa sta proprio in quella stagione. Di cui Gramellini si sente parte.
– A proposito di rispetto delle posizioni altrui, di libertà di coscienza e di democrazia: sapete chi è stato il più duro a contestare Anna Maria Bigon, consigliera Pd contraria alla legge sul fine vita? Ovviamente Alessandro Zan, paladino dei diritti, tranne quelli di pensarla liberamente. “Bigon ha agito contro la linea del gruppo Pd, che considera la legge sul fine vita (…) una battaglia di civiltà”. Se è così aperto al dissenso nel suo partito, figuratevi come può esserlo con gli avversari: per fortuna, il suo disegno di legge anti omofobia non è mai stato approvato. Oppure oggi in tema di libertà di pensiero avremmo tutti molto meno spazio di manovra.
– Sull’indagine a carico di Solinas sottolineiamo due dettagli. Il primo: andava avanti “da qualche anno” e, guarda caso, il sequestro preventivo arriva proprio a quattro giorni dalla presentazione delle liste. Ora, a meno di notizie che noi non conosciamo, e se Solinas si ritiene innocente, al netto dei discorsi politici, il centrodestra dovrebbe avere il coraggio di ricandidarlo. Solo per rompere l’incantesimo tipicamente italiano per cui alla fine della fiera è spesso la magistratura, con banali indagini per ora senza riscontri né condanne, a decidere per la politica chi candidare e chi no.
– Piccolo appunto sul reato di abuso di ufficio: se la Commissione Ue lo ha previsto in una “proposta di direttiva”, vuol dire che quella direttiva ancora non esiste. E che magari non prenderà mai vita. Non ha senso dunque basare le scelte di uno Stato sovrano, come l’Italia, su un documento ipotetico di Bruxelles. Ma pare chiaro che giornalisti e giustizialisti vari, i quali scambiano le indagini per sentenze, queste sottigliezze non riescono a coglierle.
– Piccola nota anche per l’Estetista Cinica. Cristina Fogazzi, bresciana, famosa e ricca, non vuole dare addosso a Chiara Ferragni. E ha ragione. Ma per difenderla afferma che “le battute sessiste di Giambruno con la collega sono state valutate un milionesimo. Cosa sarebbe accaduto se certe cose le avesse dette Fedez? Sarebbe venuto giù il mondo”. Forse l’Estetista più che cinica è distratta. Può infatti andare su internet a cercare i testi delle canzoni di Federico Lucia, decisamente misogini e un tantino sessisti. Eppure questo non ha impedito a Fedez di elevarsi a paladino del bene e dei diritti Lgbt, o alla moglie di fare un intero monologo sulla femminismo a Sanremo.
– Ci mancava ovviamente anche il piagnisteo femminista. “Io vengo sempre chiamata influencer, mai imprenditrice”, dice l’Estetista Cinica convinta che se fosse maschio la chiamerebbero “genio”. Sono andato a cercare un po’, eppure Khaby Lame – primo per interazioni su Tik Tok – non viene definito “genio” ma solo “influencer”. Anche se è maschietto, e pure nero. Però non piagnucola.
– Altra scemenza dell’Estetista Cinica, che poi mi sta pure simpatica, ma quando ci vuole ci vuole. Dice: “Michela Murgia è diventata mainstream quando è morta. Prima che accadesse, non interessava a nessuno del transfemminismo”. Primo: Murgia era mainstream ben prima della scoperta della malattia, visto che scriveva libri per le migliori case editrici, aveva rubriche su grandi quotidiani e andava ospite a destra e a manca in tv. Secondo: del transfemminismo alla gente interessava poco quando Michela era in vita e interessa ancor meno ora che è morta. Se non ci crede, l’Estetista vada a chiedere alla casalinga di Voghera.
– Su una cosa però ha ragione: sull’invidia che sempre esiste in Italia. L’invidia verso chi ha successo. L’invidia contro i ricchi. “Se hai soldi, di sicuro li hai fatti in qualche modo strano”. E questo atteggiamento tipico italiano, aggiungo io, chi l’ha coltivato se non quella cultura mainstream che addita ad evasori e furbacchioni chiunque abbia in banca più di 50mila euro?
– Ciò su cui pochi ragionano, a parte Barbano su Il Dubbio, è che Giovanna Pedretti non andava interrogata dai carabinieri. Certo: la procura di Lodi pare abbia aperto un fascicolo contro ignoti per indagare su una presunta “propaganda di istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa”? Ma non ce n’era motivo. Primo: l’ipotesi di reato non riguarda discriminazioni fondate sul sesso, sul genere, sull’identità di genere o sulla disabilità, fattispecie in parte contenute nel ddl Zan che però non è mai stato approvato. Secondo: l’opinione su gay e disabili sarà stata poco educata, magari imbecille, ma pienamente legittima. E uno Stato “non processa gli imbecilli”. L’interrogatorio insomma appare sproporzionato, senza grossa legittimità giuridica e soprattutto fondato su un giudizio morale.
– Mi sono letto le spiegazioni fornite dal Comune di Bologna per giustificare la decisione di rendere la città “lenta”, con limiti di velocità a 30 all’ora in tutta l’area urbana. Secondo lunghi studi scientifici in questo modo si limitano gli incidenti, si riducono gli spazi di frenata, si incentiva la gente ad andare a piedi (voglio vedere, quando piove), si consuma meno carburante, si inquina meno eccetera eccetera eccetera. Ma la miglior giustificazione è questa: “Ridurre la velocità delle auto di 20 km/h consente di dimezzare il rumore (circa -3 decibel) in prossimità delle corsie di marcia. E dare così più spazio ad altri suoni della città, come ad esempio il canto degli uccellini”. Andate a spiegare ai residenti che i 121 euro di multa servono a sentire meglio il canto dei fringuelli.
– A Firenze dunque scende in campo Tomaso Montanari, una sola “m”, ovviamente non quella di Mussolini. Lui, il fustigatore dei “fasci”, l’uomo che guida la Resistenza nel salotto buono di Lilli Gruber, l’indomito anti-berlusconiano che non ammaina la bandiera in onore del Cav, fonda una associazione che richiama la liberazione della città dal nazismo. “11 agosto”. Sul carrozzone dovrebbero salire ex piddini, grillini, liste civiche, democratici e forse pure Possibile, Rifondazione Comunista e Potere al popolo. Mi sbaglierà ma posso giocarmici un dito: sarà un flop. Perché pensare di governare una città pensando al fascismo anziché alle buche è un’idea destinata al fallimento.
– Che brutta giornata per Corriere e Repubblica, soprattutto i secondo. Oggi infatti la Cassazione ha dato ragione a Ignazio La Russa e chissà se domani accuseranno i giudici di essere un covo di filo-fascisti. La storia è questa: secondo la Corte, fare il saluto romano non è reato nel caso in cui si tratti di una espressione di carattere commemorativo. Che poi, è esattamente quello che sosteneva qualche giorno fa La Russa: “Una cosa è l’apologia del fascismo, una cosa la ricostituzione del partito fascista, un’altra è la commemorazione dei deceduti”. Colpiti e affondati.