“Ho una montagna di documenti”. Conte davanti al Gran Giurì per il Mes

Conte non sa scegliere tra Biden e Trump. E i dem lo contestano sulla politica estera

A un mese esatto dalla richiesta avanzata da lui stesso al presidente della Camera dei Deputati, Giuseppe Conte si è recato davanti al Giurì d’onore di Montecitorio. L’udienza odierna, tenuta presso la Biblioteca della terza carica dello Stato, Lorenzo Fontana, era stata fissata nelle scorse settimane dopo che il capo politico del Movimento Cinque Stelle aveva chiesto ufficialmente di accertare quelle che lui aveva definito “menzogne denigratorie” di Giorgia Meloni sulle modalità passate riguardanti l’istituzione del Mes. Conte, il quale aveva chiesto a gran voce di “ristabilire la verità dei fatti e ripristinare l’onore minato” è arrivato a Montecitorio portando con sé “una montagna di fascicoli e documenti“, come riporta l’Adnkronos apprendendo tale circostanza dallo staff di Conte: un centinaio di pagine che sono utilizzate durante l’audizione, durata un’ora e mezza. Conte, uscendo, ha solo ringraziato i cronisti che lo attendevano e si è limitato a confermare che non saranno convocati altri testimoni.

La commissione di indagine ad hoc è presieduta da Giorgio Mulè, di Forza Italia. Insieme a lui, ci sono i deputati Fabrizio Cecchetti della Lega (con il ruolo di segretario), Filiberto Zaratti di Alleanza Verdi e Sinistra, Alessandro Colucci di Noi Moderati e Stefano Vaccari del Partito democratico. Per chiari motivi di imparzialità, non sono presenti nel gruppo incaricato membri né del M5s né di Fratelli d’Italia. Il Giurì, secondo l’articolo 58 del regolamento della Camera, dovrà comunicare la propria decisione all’assemblea entro il 9 febbraio, senza nessuna discussione o votazione successiva e senza nessuna ipotetica sanzione. La “sentenza” non comporterà quindi alcune “pena”, ma mirerà soltanto ad accertare la verità dei fatti riportati dal deputato trascinato davanti all’organismo di Montecitorio, in questo caso il presidente del Consiglio. Meloni verrà invece ascoltata domani, alle ore 12, dalla medesima commissione.

L’intera controversa parte dal discorso che il presidente del Consiglio aveva tenuto lo scorso 13 dicembre sia alla Camera sia al Senato, in visto del successivo Consiglio europeo di metà mese a Bruxelles, quando – a proposito della ratifica del Mes – la Meloni aveva dichiarato: “Lo ha fatto il governo Conte, lo ha fatto senza mandato parlamentare e il giorno dopo essersi dimesso, quando era in carica solamente per gli affari correnti, dando mandato a un ambasciatore, firmato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, senza che ne avesse il potere, senza dirlo agli italiani e con il favore delle tenebre“. Meloni aveva anche mostrato in Aula il fax con cui l’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il 20 gennaio del 2021, diede istruzioni all’ambasciatore a Bruxelles di sottoscrivere le modifiche al Meccanismo. Subito dopo il discorso della premier si era scatenato un vespaio di polemiche, scaturite dallo stesso Conte che era arrivato addirittura ad autoinvitarsi alla festa di Atreju per potere dibattere proprio sul Fondo salva Stati.

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