Accusati di stupro di gruppo per un episodio risalente al 15 di agosto del 2020, sono stati assolti dal giudice del tribunale di Belluno perché il fatto non sussiste: le troppe incongruenze nel racconto della presunta vittima hanno portato a questa decisione dopo 4 ore di camera di consiglio.
All’epoca dei fatti Santiago Visentin, 25 anni, Federico De Min, 26 anni e Matteo Verdicchio, 25 anni, militavano nella Virtus Verona, squadra iscritta al campionato di Serie D. L’episodio contestato dall’accusatrice, che ha sporto denuncia nei loro confronti chiedendo un risarcimento da 150mila euro, risale alla notte di Ferragosto del 2020. I giocatori avevano preso parte a una festa organizzata in una villa sita nella frazione bellunese di Visome, e in questa circostanza, stando a quanto sostenuto dall’accusa, avrebbero approfittato della ragazza, abusando di lei a turno.
La giovane ha raccontato che quella sera, a causa di un lieve malore, aveva avuto necessità di distendersi su un letto all’interno di una stanza della villa. Approfittando della situazione che si era venuta a creare, i tre ex calciatori della Virtus Verona l’avrebbero raggiunta per abusare di lei.
Secondo quanto emerso durante le indagini, la presunta vittima aveva già avuto degli incontri intimi consenzienti con due dei tre imputati, ma lei si sarebbe difesa sostenendo che quel pomeriggio i ragazzi l’avrebbero “presa contro la sua volontà”, costringendola ad avere dei rapporti sessuali. Gli ex calciatori, durante lo stupro, “si davano il cambio”.
I legali dei calciatori hanno sostenuto la tesi dei rapporti consenzienti, supportata peraltro anche dal proprietario della villa in cui si era tenuta la festa. La presunta vittima aveva scattato dei selfie al pronto soccorso, e sulla sua maglietta non sono state reperite tracce biologiche di alcun genere. Dubbi anche sulle presunte percosse subite durante lo stupro, dato che i lividi denunciati non furono notati da medici e infermieri del pronto soccorso ma comparvero a ben 16 ore di distanza dall’episodio. Neppure dei vomiti e delle crisi di panico raccontate alle sue amiche c’è traccia nei referti: il personale medico non ha somministrato dei calmanti come sostenuto dalla ragazza.“Di tutto questo non c’è traccia nelle cartelle cliniche, hanno sottolineato i legali dei calciatori. Oltre ciò, “in moltissime intercettazioni parla dei danni morali, è molto interessata all’aspetto economico”, hanno aggiunto.
Per tutte queste incongruenze, pertanto il giudice ha respinto la richiesta di 8 anni di condanna inoltrata dal pm Roberta Gallego, assolvendo i tre “perché il fatto non sussiste“. L’accusa è pronta a presentare appello dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza, che avverrà entro i prossimi 90 giorni.