Gli ecoterroristi menano le mani: amano la natura, non il prossimo

Gli ecoterroristi menano le mani: amano la natura, non il prossimo

Dirli ecoterroristi è (almeno per ora) un po’ tanto, ecocretini forse leggermente offensivo, ecoteppisti può magari essere una via di mezzo più realistica, almeno in attesa che la giustizia faccia il suo inevitabile corso e più prima che poi consenta di definirli ecopregiudicati. Di certo oggi sì può tranquillamente dire che i ragazzotti di Ultima generazione, il cui ambientalismo dai gesti estremi va così di moda tra l’imbelle buona borghesia, amano contestare, ma non sopportano assolutamente di essere contestati. Come dimostra la loro violenta reazione alla contromanifestazione organizzata da un gruppo di giovani leghisti che sono stati aggrediti e presi a sputi fino all’arrivo della polizia che ha limitato l’aggressione. Spedizione punitiva nella quale i bravi ragazzi si sono fatti aiutare dai sindacalisti del Cobas arrivati a dar loro manforte.

I fatti. Ieri mattina al tribunale di Milano si apriva il processo a tre attivisti per l’imbrattamento con vernice gialla della scultura «L.O.V.E.» di Maurizio Cattelan in Piazza Affari. A coccolarli la pm Paola Biondolillo che aveva chiesto il non luogo a procedere «per la lieve tenuità del fatto» (proprio così) e addirittura Cattelan che, fiutando il rimbalzo pubblicitario, si è dichiarato «né offeso né danneggiato». Di parere contrario il gip Giulio Fanales che li ha rinviati a giudizio per «imbrattamento di beni culturali», il Comune che si è costituito parte civile e i giovani leghisti che hanno srotolato gli striscioni «Condannateli», «Andate a lavorare» e «Con l’elettrico 70mila posti di lavoro in meno». Abbastanza per scatenare la violenta reazione di chi a parole ama l’ambiente, il pianeta e perfino le api, meno probabilmente il suo prossimo. Soprattutto quando si permette di dire che è stanco di blocchi stradali che danneggiano solo i pendolari e monumenti imbrattati da restaurare. Ovviamente con le tasse della comunità.

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