Udienza al fulmicotone quella che si è tenuta ieri a Manhattan e che ha visto protagonista Donald Trump, ora ringalluzzito dall’esito dei caucus in Iowa. Rientrato martedì sera nella sua “Trump Tower” di New York dopo una riunione nel gelido e innevato New Hampshire, dove le primarie si terranno il 23 gennaio, il magnate ha trascorso la giornata di ieri nel tribunale civile federale della città affrontando l’80enne ex editorialista Jean Carroll.
Il tycoon, che ora si appresta a vivere la sfida a due in un duello serrato con Nikki Haley è comparso ieri in aula per il processo che lo vede querelato da Jean Carroll, la scrittrice che lo ha accusato di violenza sessuale negli anni Novanta. La donna aveva querelato l’ex presidente degli Stati Uniti per averla definita “bugiarda”.
Il giudice della corte di Manhattan, che presiede il secondo processo per diffamazione che vede coinvolto The Donald, ha minacciato di buttare fuori dall’aula il tycoon se avesse proseguito con i suoi commenti tutt’altro che sottovoce. L’imputato, redarguito come uno scolaro, ha risposto in segno di sfida: “Mi piacerebbe“. Durante l’udienza, dopo che Carroll aveva già testimoniato, uno dei suoi avvocati si è lamentato per il fatto di aver sentito i commenti fatti a voce alta da Trump, che ha ribadito la tesi del complotto ai suoi danni e bollato l’intera vicenda come di una “truffa”.
Quanto basta per far perdere la pazienza al granitico giudice Lewis Kaplan che ha tuonato: “Il signor Trump ha diritto a essere qui presente ma quel diritto si può perdere se interrompe, la qual cosa è ciò che mi viene riportato, e se si comporta in modo irrispettoso verso la corte“. Kaplan si è poi rivolto direttamente al frontrunner del Gop, dichiarando di sperare di non doverlo escludere dall’udienza. Trump, che aveva passato l’intera seduta scuotendo la testa, si è visto rivolgere dal giudice l’accusa di sfidarlo a farlo uscire dall’aula, poiché non in grado di controllare sè stesso.
Una “malata mentale” che “ha detto che essere violentata sarebbe sexy“. Così Trump aveva definito Carroll nella deposizione, nell’ottobre 2022 a Mar-a-Lago, dopo aver negato ogni accusa e aver affermato di non aver mai conosciuto la scrittrice che avrebbe inventato completamente la violenza per lucrarci sopra.
Carroll è una giornalista ed ex editorialista di Elle. Ha raccontato della presunta aggressione in un libro di memorie del 2019, sostenendo che Trump l’avesse aggredita nel camerino del grande magazzino Bergdorf Goodman, a Manhattan. Dopo che il racconto di Carroll è apparso come estratto del suo libro sulla rivista New York Magazine, Trump negò con ogni mezzo le accuse, sostenendo che l’aggressione non fosse mai avvenuta e che non avrebbe potuto violentarla perché lei “non era il suo tipo”.
Nel maggio 2022 lo Stato di New York ha approvato una legge che offre alle vittime di violenza sessuale, ormai in età adulta e dopo anni dalla violenza, la chance di intentare una causa civile, anche se il termine di prescrizione è scaduto da tempo. Carroll ha successivamente percorso questa strada, chiedendo il risarcimento dei danni legati alle lesioni personali. Nel 2019, Carroll ha intentato un’altra causa, questa volta per diffamazione, ai danni di Trump per i suoi commenti denigratori.