Due settimane di preparazione, poi i nuovi commissari (forse tre) traghetteranno l’ex Ilva verso un nuovo futuro: green e condiviso da diversi attori privati. All’orizzonte infatti si staglia un salvataggio che passa dalla riconversione degli impianti ad opera di una cordata di investitori privati del settore.
Un messaggio che emerge chiaramente dalle parole pronunciate ieri a Davos dal ministro Giancarlo Giorgetti: «Sull’ex Ilva noi ci stiamo impegnando al massimo per fare chiarezza perché per fare l’acciaio green servono tanti investimenti e quindi abbiamo bisogno di partner che li facciano insieme», ha detto il ministro spiegando che «in questo momento c’è un partner che ancora non ha chiarito la sua posizione», ma «ci sono molti interessati a produrre a Taranto, il più grande insediamento produttivo di acciaio europeo. Noi vogliamo partner che condividano questa grande ambizione di produrre acciaio in Italia però in modo sostenibile».
I nomi sono quelli dei big dell’acciaio o gli industriali impegnati nella riconversione siderurgica: da Arvedi a Metinvest, da Marcegaglia a Danieli (che ieri il ministro Adolfo Urso ha incontrato per un confronto sul piano siderurgico nazionale). Ovviamente prima ci dovrà essere un’operazione verità sui conti, sullo stato dei macchinari, sul piano finanziario e su quello industriale. Un percorso che inizierà probabilmente tra questa sera e domani, una volta andato in scena il vertice con i sindacati (convocati oggi alle 15) e formalizzata l’amministrazione straordinaria. Intanto resta sul piede di guerra l’indotto, che senza precise garanzie ha annunciato da oggi alle 6 lo stop delle attività ad oltranza in attesa di chiarimenti sulla messa in sicurezza dei crediti: circa 120 milioni di euro (nella prima amministrazione straordinaria del 2012 erano 150 milioni).