L’aeronautica militare del Pakistan ha lanciato nella notte tra mercoledì 17 e giovedì 18 gennaio diversi attacchi aerei a Saravan, nella provincia del Sistan e del Baluchistan localizzata nell’estremo sud-est dell’Iran, contro un gruppo di ribelli baluci. Il bilancio al momento è di sette vittime, tre donne e quattro bambini, tutti e sette cittadini iraniani secondo l’agenzia Irna che cita un vice governatore della provincia. Il bombardamento è la risposta del governo di Islamabad – che è uno dei nove Paesi al mondo insieme a India, Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Cina, Francia, Corea del Nord e Israele, a possedere armi nucleari – all’assalto della giornata precedente che le forze della Repubblica islamica avevano scatenato oltre il confine con l’obiettivo di indebolire i militanti sunniti del gruppo separatista Jaish al-Adl, dopo i raid dei pasdaran in Iraq e Siria all’inizio di questo mese.
Secondo il ministero degli Esteri pakistano l’incursione aerea notturna rappresenta “una serie di attacchi militari di precisione altamente coordinati e specificamente mirati“. “Questa azione – prosegue – è una manifestazione della ferma determinazione del Pakistan a proteggere e difendere la propria sicurezza nazionale da tutte le minacce“. Inoltre, è stata confermata la morte di “alcuni terroristi” nel corso di un’operazione di intelligence denominata “Marg Bar Sarmachar” (morte ai guerriglieri, ndr), che cercava di neutralizzare il gruppo autoproclamato “Sarmachars”, ritenuto dal Pakistan un’organizzazione terroristica. La versione ufficiale è stata però smentita dal Fronte di Liberazione del Baluchistan (Blf), che ha dichiarato di non avere nascondigli in Iran e che tra le persone morte ieri notte non risulterebbero combattenti affiliati al Blf.
La tensione tra i due Stati non dovrebbe aumentare, come d’altronde lascia intuire una dichiarazione diffusa dal governo pakistano. “Il Pakistan – si legge – rispetta pienamente la sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica islamica dell’Iran. L’unico obiettivo dell’atto odierno era la ricerca della propria sicurezza e del proprio interesse nazionale“. Tuttavia, lo scambio di fuoco di questi giorni potrebbe minare le relazioni diplomatiche: ieri l’ambasciatore pakistano a Teheran è stato richiamato in patria come protesta, nonostante il regime degli ayatollah sostenga di aver colpito le basi dei separatisti sunniti a Panjgur per una giusta causa.
Dopo la ritorsione del Pakistan, un funzionario della Repubblica islamica ha fatto sapere di aver chiesto spiegazioni immediate alle controparti pakistane per l’attacco di giovedì. Proprio oggi l’esercito di Teheran darà il via all’esercitazione militare Velayat 1402 nel porto di Chabahar, distante solo un centinaio di km da Gwadar in Pakistan. L’esercitazione ha cadenza annuale e riguarda soprattutto le forze e i sistemi di difesa aerea. La frontiera tra le due nazioni è lunga circa 900 km ed è una delle più delicate della regione, non solo per la presenza di fazioni armate indipendentiste, ma anche a causa del contrabbando di oppio proveniente dall’Afghanistan.