L’autopsia conferma che Giovanna Pedretti, la ristoratrice lodigiana che si è buttata nel Lambro dopo una intera giornata di insulti su Internet, è morta annegata, dopo essersi inferta ferite in tutto il corpo. L’inchiesta continua formalmente a essere «a carico di ignoti». L’accusa di istigazione al suicidio è pesante, il codice la punisce con il carcere fino a dodici anni. Proprio per questo prima di iscrivere nomi nel registro degli indagati la Procura di Lodi, guidata da Maurizio Romanelli, vuole ricostruire esattamente la sequenza degli eventi. Perché solo scoprendo cosa è accaduto esattamente nelle ore tra il primo post del blogger Lorenzo Biagiarelli, che accusava la Pedretti di essersi inventata una recensione omofoba per farsi pubblicità, e il momento in cui la donna si uccide si può comprendere quale siano stati i meccanismi mentali, quale il rapporto di causa ed effetto. Le responsabilità morali sono una cosa, e sono già abbastanza chiare, quelle penali un’altra. In che momento Giovanna inizia a crollare, in che fase era percepibile che la tempesta scatenata contro di lei la stava spingendo verso l’abisso?
In questa ricostruzione un passaggio importante, e per ora non chiaro, è l’interrogatorio cui la ristoratrice viene sottoposta dai carabinieri di Sant’Angelo Lodigiano nel pomeriggio di sabato. Ieri erano state sollevati alcuni interrogativi – in particolare dal quotidiano Il Dubbio – sul senso e sull’opportunità dell’interrogatorio: al punto che l’Arma decide di intervenire con una precisazione, spiegando che «sabato 13 gennaio i Cc di Sant’Angelo Lodigiano, ipotizzando il reato ex art. 604 bis (propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa), al fine di informare la Procura della Repubblica competente, convocavano in caserma la signora Pedretti con riferimento a una recensione pubblicata su Google, e poi rimossa, da un anonimo cliente del suo ristorante. La signora veniva sentita nel pomeriggio dello stesso giorno come persona informata sui fatti, quale potenziale vittima dell’intera vicenda. Il colloquio durava pochi minuti e la medesima confermava il contenuto della recensione, ma non era in grado di fornire ulteriori dettagli sull’identità del cliente».
Il problema è che il post di Biagiarelli è di sabato mattina, quindi la reazione «investigativa» dell’Arma appare straordinariamente veloce, anche perché la Procura non aveva ancora aperto un fascicolo. E Biagiarelli, che almeno su questo punto non avrebbe motivo di mentire, racconta che dopo l’incontro con i carabinieri la donna gli avrebbe riferito di essersi presentata spontaneamente, per denunciare le accuse ricevute. Al racconto della donna, il blogger reagisce infierendo ulteriormente con altri post. Tutto giusto, tutto normale? Ieri, quando durante la presentazione di un libro glielo chiedono, Selvaggia Lucarelli – compagna di Biagiarelli – rifiuta di rispondere.