È difficile riconoscerla sin dai suoi esordi ma l’ADHD è uno dei disturbi dello sviluppo neurologico più comuni dell’infanzia. L’acronimo sta per Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, una sindrome che si manifesta con difficoltà di concentrazione e attenzione oltre a tratti impulsivi o di iper-attività, tutte condizioni che possiamo considerare molto comuni nei bimbi in fase di crescita. Da qui, infatti, la difficoltà nel capire se si è affetti da questa patologia o meno.
Di cosa si tratta
È normale che i bambini, fino a una certa età, possano avere difficoltà di concentrazione ma non si tratta soltanto di questo aspetto nel caso della sindrome in questione: nei sintomi più gravi possono riscontrarsi gravi difficoltà a scuola e con gli amici oltre a una serie di caratteristiche che possono far pensare a una vera e propria patologia. Come spiegano i Cdc (Centri per il controllo e la prevenzione delle malatti) americani, un bambino con ADHD potrebbe:
- sognare molto ad occhi aperti;
- dimenticare o perdere molte cose;
- dimenarsi o agitarsi;
- parlare troppo;
- commettere errori imprudenti o correre rischi inutili;
- difficoltà a resistere alle tentazioni;
- difficoltà ad andare d’accordo con gli altri.
Le tipologie più frequenti sono due: la difficoltà di portare a termine un compito, rimanere attenti anche ai dettagli distraendosi troppo facilmente oppure, quando prevale la componente iperattiva-impulsiva, ecco che la persona si agita e parla molto. Se i bambini più piccoli possono correre, saltare o arrampicarsi costantemente, un individuo adulto prova un senso di irrequietezza ed è particolarmente impulsivo interrompendo spesso gli altri e parlando in momenti inappropriati. Entrambe le due tipologie, però, possono coesistere nella persona.
Le cause
Gli scienziati stanno stanno cercando di capire quali sono le cause e i fattori scatenanti tutt’oggi sconosciuti: indiziata numero uno è la genetica ma non solo visto che una serie di altri fattori potrebbero contribuire a questa sindrome. Tra questi un danno cerebrale, l’esposizione a problematiche ambientali (come il piombo) durante la gravidanza o in giovane età, consumo di alcol e tabacco durante la gravidanza ma anche un basso peso alla nascita. “La ricerca non supporta l’opinione diffusa secondo cui l’ADHD è causato dal consumo eccessivo di zucchero, dal guardare troppo la televisione, dall’educazione genitoriale o da fattori sociali e ambientali come la povertà o il caos familiare”, spiegano gli esperti. “Naturalmente, molte cose, comprese queste, potrebbero peggiorare i sintomi, soprattutto in alcune persone. Ma le prove non sono abbastanza forti per concludere che siano loro le principali cause dell’ADHD”.
Diagnosi e terapie
Per poter essere certi che il bambino o l’adulto soffra di questa sindrome sono fondamentali approfonditi esami medici tra cui alcuni test dell’udito e della vista per escludere altre interconnessioni con sintomi come l’ADHD. Nella maggior parte dei casi, l’ADHD viene trattato meglio con una combinazione di terapia comportamentale e farmaci. Per i bambini in età prescolare (4-5 anni) con ADHD, la terapia comportamentale è la preferita come primo trattamento prima di intervenire con i farmaci. “Ciò che funziona meglio può dipendere dal bambino e dalla famiglia. Buoni piani di trattamento includeranno un attento monitoraggio, follow-up e modifiche, se necessarie, lungo il percorso”.
Per quanto riguarda i farmaci, invece, i più usati per questa sindrome sono il metilfenidato (Ritalin), le anfetamine (Adderal), le destoanfetamine (Dextrostat, Dexedrine) e l’atomoxetina (Strattera) che riescono a tenere sotto controllo l’attenzione, l’iperattività e l’impulsività.
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