The Special Gone. Mourinho è andato. Fine delle vacanze romane e romaniste, delirio di vedove di san José, la Roma cafonal si ribella al licenziamento del tribuno portoghese che conferma il suo curriculum di strani epiloghi di carriera, Benfica, Union de Leiria, Porto, Chelsea, Inter, Real Madrid, ancora Chelsea, Manchester United, Tottenham, grandi amori vissuti e conclusi con lo stesso copione, la crisi del terzo anno, eroe e martire, soffocato dal suo ego e da un orgoglio massimo. Mourinho ha cercato di vivere di rendita esibendo i tituli e sono mille, merito della sua professionalità e pure del suo carisma.
Ma gli americani di Roma, non quelli di Sordi-Meniconi, badano alla polpa e non alla forma, la squadra non ha gioco e anima, sembra che una parte dello spogliatoio non gradisse più il tecnico ma questo sarebbe un segnale grigio se mai la proprietà avesse deciso in conseguenza. Il calcio moderno fatica a convivere con la storia, la cronaca brucia la memoria e lo stesso Mourinho ha approfittato troppo del proprio curriculum, i suoi capricci plateali contro arbitri, colleghi allenatori, calciatori e dirigenti non hanno più validità su un passaporto ormai scaduto. San José da Setubal ha provato a incantare la città eterna, ci è riuscito con l’arte e l’astuzia delle parole che gli appartengono dalla nascita ma l’infatuazione ha una fine, il risveglio mostra realtà amare, il campo non vive di comizi ma di risultati, gol, punti.
Un grande letterato portoghese, Fernando Pessoa, ha scritto: «Puoi vendere il tuo passato ma non puoi ricomprarlo».
L’epigrafe di Mourinho.