Il governo getta le basi per il commissariamento ufficiale dell’ex Ilva (Adi). Ma fonti vicine all’esecutivo assicurano: «Non sarà un altro 2012 (anno della prima amministrazione straordinaria, ndr)».
Dopo l’ennesima rottura nella trattativa, registrata ieri dal Giornale, che avrebbe dovuto portare a un divorzio consensuale tra i soci di Adi (Invitalia al 38% e Arcelor Mittal al 62%), un vertice di governo presieduto dalla premier Giorgia Meloni (con Fitto, Giorgetti, Urso e Calderone) ha avviato le manovre che condurranno il gruppo siderurgico verso la seconda amministrazione straordinaria in 12 anni. Il Consiglio dei ministri andato in scena pochi minuti dopo il vertice ha approvato un decreto legge che rafforza, in caso di ricorso all’amministrazione straordinaria, le misure già presenti nell’ordinamento a tutela della continuità produttiva e occupazionale delle aziende in crisi, fra cui l’ex Ilva, e prevede garanzie di cassa integrazione straordinaria durante l’eventuale amministrazione straordinaria.
Nel dettaglio, il decreto prevede il salvataggio della società con il passaggio della società in amministrazione straordinaria, ma con la garanzia di una continuità produttiva. Tra le misure approvate anche l’esclusione dalla cassa integrazione dei lavoratori impegnati nella sicurezza e nella manutenzione degli impianti, per consentire che restino operativi. L’altro snodo riguarda le società fornitrici. Rimangono ferme le disposizioni, già inserite nell’ordinamento, a tutela delle piccole e medie imprese creditrici.
Il provvedimento prepara la strada per l’utilizzo della norma che sarà probabilmente attivata nella serata di domani giovedì 18 dopo il confronto con i sindacati, convocati alle 15 a Palazzo Chigi. Un epilogo che era nell’aria da tempo, ma che ha trovato ulteriore conferma ieri pomeriggio. Mentre era in scena il vertice di governo alcune dichiarazioni diffuse da Arcelor Mittal iniziavano a dare la misura della nuova distanza siderale tra il socio privato e quello pubblico e della nuova rottura della trattativa in queste ore in mano ai legali. Arcelor Mittal ha iniziato a imputare la responsabilità di un eventuale commissariamento a Invitalia che «non accetterebbe di rilevare la sua quota». A quale prezzo e con quali modalità, ovviamente, non è dato sapere. Immediata la smentita ufficiosa del socio pubblico: «Invitalia sempre disponibile a percorrere soluzioni compatibili», racconta una fonte vicina al dossier. Un rimpallo di responsabilità e colpe che durerà per giorni e sarà probabilmente il preludio a un futuro scontro legale.
Non a caso, il decreto approvato fissa con precisione le procedure per eventuali giudizi e procedimenti esecutivi pendenti. L’articolo 4 è, di fatto, un paracadute: prevede che la possibilità di ricorrere alle procedure che portano al commissario non sono impedite dal fatto che esistano giudizi pendenti e in questo caso il commissario straordinario mantiene la legittimazione processuale.
Viene fissata anche una norma che evita che la società commissariata sia svuotata delle risorse per le liti pendenti. «Le somme necessarie per spese future ed eventuali oneri relativi a giudizi pendenti – è scritto – accantonate nel piano contenente la ripartizione dell’attivo e depositate secondo le modalità indicate dal tribunale, nonché le somme ricevute dal commissario straordinario per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora passati in giudicato, sono trattenute dal commissario straordinario e versate su un conto vincolato previa autorizzazione del tribunale».