La partita per le candidature regionali per Forza Italia dovrebbe finire bene. In mezzo alle tensioni tra Lega e FdI sulla Sardegna, rischiava di rimanere schiacciata magari perdendo uno dei suoi governatori, Vito Bardi in Basilicata, ma si conta che vada diversamente. Si spera nell’ok in lucania o in Piemonte.
«Più che altro – spiega al Giornale un azzurro di rango -, era una provocazione di Salvini, perché un candidato forte in regione la Lega non ce l’ha. Ora deve distrarre dallo smacco su Solinas, ma i nostri nell’isola avevano difficoltà ad appoggiarlo, sarebbe meglio Truzzu». Salvini ha forzato la mano anche sul terzo mandato dei governatori, ma Fi si è messa di traverso. «Siamo sempre stati scettici, non per Zaia in Veneto ma per Emiliano in Puglia o De Luca in Campania. Poi un’elezione diretta già da poteri forti, due mandati bastano».
In questo momento la parola d’ordine dentro Fi è: unità della coalizione. La ripetono quei pochi che commentano le trattative non risolutive tra i leader di ieri sera, non un vertice per non dare importanza alla cosa, ma un incontro a margine del Cdm.
Dice al Giornale il portavoce azzurro, Raffaele Nevi: «Abbiamo sempre lavorato per una coalizione unita, con una dialettica tra forze diverse ma nessuno scontro, dove non prevalgano logiche di partito o personalismi. Anche in Sardegna torneremo a vincere. Fi non ha mai usato il bilancino, a Perugia avevamo il sindaco uscente Andrea Romizi, che ha fatto bene, ma abbiamo ceduto il posto a FdI». E il capogruppo di Fi in Senato, Maurizio Gasparri riconosce: «È legittimo che FdI faccia pesare il suo peso politico, perché ci sono dei numeri. Poi bisogna farlo con garbo e tenendo conto che chi guida a volte fa dei sacrifici per l’unità, chi ha più numeri ha più diritti, ma anche più doveri, come ha insegnato Berlusconi con generosità». Insomma, dicono lontano dai microfoni, a Fi sembra possa andare bene visto che rispetto a 5 anni fa ha perso punti e Berlusconi non c’è più. Antonio Tajani ce la mette tutta anche per mobilitare gli elettori sul territorio con i congressi provinciali, annuncia nuove adesioni di parlamentari ed eurodeputati, dopo gli amministratori locali, punta al 10% e prepara la festa per i 30 anni di Fi a fine mese. Nel congresso nazionale del 24-25 febbraio otterrà l’investitura completa, visto che sfidanti non ce ne sono e poi sarà il voto di giugno a misurare lo stato di salute di Fi.
Per qualcuno Letizia Moratti poteva puntare a scalzarlo, rientrando da Azione, grazie al suo ego e ai suoi soldi, ma cambio di casacca e logoramento dell’immagine, oltre al fatto che alle ultime regionali di febbraio non è andata affatto bene, fanno pensare che invece si candiderà alle europee e sarà più una risorsa che un problema.
Con Giorgia Meloni i rapporti degli azzurri sono buoni, migliori di quelli della Lega. «Non ha interesse a stravincere, a umiliare Fi in questa fase, anche per lei è meglio guidare una coalizione di centrodestra, non di destra-destra – dice al giornale un dirigente di Fi-, sulle candidature non ha mai chiesto il ricalcolo, rispetto all’attuale rappresentatività del partito». Il possibile ruolo da capolista, che nuocerebbe agli alleati, rimane una spada di Damocle, ma tra gli azzurri si pensa che alla fine la premier non si candiderà.