È la prima volta, dall’inizio della legislatura, che la maggioranza «bulgara» che sostiene Luca Zaia subisce una sorta di stress-test. Su una questione etica, però. Non politica. E la precisazione è fondamentale per capire cosa è successo ieri nell’aula del Consiglio regionale veneto dove per un solo voto (25 sì, 22 no e tre astenuti la cui scelta però fa pesare la bilancia a favore del rigetto della proposta) è stata respinta la proposta di una norma che chiede di velocizzare i tempi per la richiesta di assistenza medica al fine vita.
Oltre sei ore di discussione per capire se promulgare o meno una legge che fa tesoro della raccomandazione della Corte costituzionale sul tema del fine vita. Allora la Consulta (era il 2019) aveva alzato le mani. Tocca ai politici, non a noi, avevano scritto i suoi membri, legiferare sul diritto al fine vita Noi possiamo soltanto dire che il diritto alla vita non può negare l’altrettanto legittimo diritto al fine vita.
E il presidente Luca Zaia non ha avuto problemi ad accettare che la discussione approdasse in aula dopo che l’associazione Coscioni aveva prodotto una sufficiente raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare. Alla fine la legge non è passata. Ma per un soffio. L’Aula ha rinviato il pdl in Commissione sanità. Si ricomincerà tutto da capo sperando che Roma arrivi prima. E magari con una legge condivisa da tutte le forze politiche di maggioranza.
Alla vigilia del voto il movimento Pro vita aveva lanciato una sorta di ricatto politico all’indirizzo della Lega. «Se il Carroccio favorirà l’approvazione di questa legge – si legge nella nota di Pro vita & Famiglia – alle prossime elezioni si registrerà un cospicuo travaso di voti dalla Lega a Fratelli d’Italia». In aula ieri proprio il partito di Giorgia Meloni, per voce del suo capogruppo Enoch Soranzo, ha fatto una dichiarazione di voto «politica» impegnando tutto il gruppo al voto negativo. Contrari anche gli azzurri. «La questione deve essere affrontata a livello nazionale e non certo regionale – spiega l’azzurro Flavio Tosi -. Di fatto questa procedura sanitaria, in determinate condizioni di sofferenza e con una prognosi infausta, accertate dai preposti comitati etici delle aziende ospedaliere, è già garantita da una sentenza della Corte Costituzionale». Forza Italia, insomma, dice no a una procedura «velocizzata».
Zaia resta soddisfatto del suo partito che ha lasciato libertà di voto. «Proprio perché è un tema etico e non politico», ribadisce il governatore. Il risultato finale, tuttavia, sembra offrire il fianco a letture affatto politiche. Zaia già prima del voto rifiutava di vedere nell’esito contrario una bocciatura del suo governo. «La verità è che il Veneto – commenta – paga lo scotto di essere la prima regione ad affrontare il tema».
Il risultato finale, però, risente proprio della libertà di voto concessa dai vertici del Carroccio. Infatti il gruppo consiliare leghista avrebbe potuto consegnare ai taccuini dei cronisti un risultato diverso se non si fosse spaccato a metà sul modo di affrontare la questione posta dall’associazione Coscioni con un pdl sul fine vita. «Non era una legge di iniziativa della giunta – si giustifica in serata il governatore -. Era una legge di iniziativa popolare e avevamo l’obbligo di portarla in aula. La proposta di legge non riguardava il fine vita, visto che la sentenza 242 del 2019 della Consulta già permette il ricorso al suicidio assistito. Semmai la proposta mirava a tagliare i tempi, tutto qui». E con una piccola chiosa polemica: «Rispetto le idee di tutti, ma se toccasse a me io vorrei decidere».