Una brutta disavventura quella capitata ad Angelo Menapace, ex panettiere di Tuenno, provincia di Trento. Per aver aiutato il cugino in un lavoro e aver ricevuto 280 euro di compenso, l’Inps ha chiesto al pensionato la restituzione di 19mila euro. In pensione dal 2020 dopo aver raggiunto i 63 anni di età e aver versato 42 anni di contributi, l’uomo ha colto l’opportunità offerta dalla formula Quota 100. Ma ora, per aver rispettato la legge e aver ricevuto un piccolo compenso, rischia di dover “archiviare” un anno di pensione.
“Una vicenda kafkiana, non penso si sia mai verificata una cosa simile non solo in Italia, ma oserei dire nel mondo”, il commento sconsolato di Menapace ai microfoni del Corriere del Trentino. L’uomo ha evidenziato di aver sfruttato Quota 100 per motivi significativi: “A causa di problemi fisici, dovevo smettere l’attività che per oltre 40 anni avevo gestito con mio fratello e mia sorella. Trovato un acquirente per l’azienda, cosa piuttosto rara oggi, abbiamo raggiunto l’accordo, cedendo la panetteria. Dal febbraio 2020 ho cominciato a percepire la pensione”. Ma i problemi sono arrivati nel 2021.
Nell’agosto del 2021 un cugino gli ha chiesto di dargli una mano all’interno della sua pescheria. Conscio del divieto imposto ai pensionati di Quota 100 di svolgere qualsiasi lavoro, Menapace ha chiesto di lavorare in regole e di verificare con il commercialista se e come avrebbe potuto non incorrere in sanzioni. Dunque per trenta ore di lavoro ha percepito 280 euro. Poi, poche settimane dopo, la doccia gelata: la sua assunzione era incompatibile con la tipologia della sua pensione. Rivoltosi all’Inps, Menapace aveva ricevuto rassicurazioni: per 280 euro probabilmente non sarebbe stata avviata nessuna procedura.
Ma nel 2022 dall’Inps è arrivata l’ingiunzione a restituire un anno di pensione, totale 19 mila euro. Una cifra assurda secondo Menapace: “Se ho sbagliato è giusto che paghi una multa, ma versare diciannovemila euro per averne ricevuti 280 su cui ho anche pagato le tasse, mi sembra davvero eccessivo”. Il pensionato ha presentato ricorso attraverso il sindacato ma è stato respinto, ora ci riproverà affiancato da un avvocato: “Cosa dovrei dire ai miei tre figli ora? Che è meglio lavorare in nero?”, la sua provocazione. Interpellato dall’Adige, ha rincarato la dose: “Non riesco a capire: come faccio a tirare fuori questo denaro? Devo pagare il mutuo, ho la famiglia a cui pensare; inoltre non posso certo andare a lavorare”. Seguiranno aggiornamenti.