Cara Marika,
è da anni ormai che noi giornalisti identificati come di destra raccontiamo una verità che altri intendono occultare o almeno distorcere, nonostante i dati confermino le nostre affermazioni, che non sono dunque credenze frutto di ideologismo, razzismo, islamofobia, populismo o fascismo. E la verità è questa: sono in continuo aumento determinati reati, quelli predatori, come furti e aggressioni in strada e a commetterli sono nella stragrande maggioranza dei casi individui stranieri. Inoltre, si parla di femminicidio come di un fenomeno che riguarda la società italiana, dovuto al patriarcato che sarebbe in vigore dalle nostre parti, e nessuno che faccia notare che a compiere questa tipologia di omicidi sono anche immigrati. Lo stereotipo del migrante buono, in fuga dalla guerra, dunque richiedente asilo o profugo, perseguitato dalla destra italiana, da Matteo Salvini, da Giorgia Meloni, voglioso di integrarsi, di rispettare le nostre regole, di lavorare e rendersi utile è un falso mito. Di fatto da decenni accogliamo soprattutto individui senza diritto di asilo né di protezione umanitaria, i quali si ritrovano a vivere da irregolari sul nostro territorio e a delinquere, talvolta, non di rado, manifestando una propensione al crimine e una efferatezza che ci fanno impallidire. Tutto ciò è preoccupante. Ma sai cosa è ancora più pericoloso? Quel buonismo contro il quale anche tu, cara Marika, punti il dito, in quanto esso ci conduce a non affrontare il problema, a fingere che non sussista. Ed è così che esso si aggrava. Dovremmo avere il coraggio di ammettere che la costante crescita dei delitti messi a segno da cittadini ospiti, ossia da extracomunitari, non è il risultato di una percezione legata a quel sentimento di paura che la maggioranza fomenterebbe, bensì una realtà. Realtà che complica la vita dei cittadini, in particolare delle donne, che sono le principali vittime dei reati commessi dagli stranieri, quantunque si sostenga che il patriarcato sia roba italiana.
Ecco, è la disonestà intellettuale a inquietarmi. Essa non ci lascia scampo. Se il 46enne che a Reggio Emilia ha deformato, sfigurato, sfregiato in maniera irreparabile (affinché non si dimentichi mai del suo aguzzino) il volto di quella giovane che ha picchiato e stuprato quasi per un giorno intero, 20 ore, fosse stato di nazionalità italiana, i giornali avrebbero fatto titoloni di apertura in prima pagina, in tv avremmo ricominciato a discutere di emergenza-patriarcato, le femministe sarebbero scese in piazza per protestare contro «i figli sani del patriarcato», giusto per usare l’insensata e bizzarra espressione coniata da Elena Cecchettin, elevata a idolo della sinistra, editorialisti, commentatori, opinionisti televisivi si sarebbero indignati e la guerra al maschio bianco ne avrebbe tratto vigore. Ma tutto questo non accadrà poiché, sebbene la vittima sia donna e il carnefice uomo, quest’ultimo ha il vantaggio di essere migrante, categoria protetta, come i panda.
Un abbraccio