Report, programma d’inchiesta in onda su Rai 3, si affida a un pentito «patacca» per gettare ombre sui rapporti tra le sorelle Meloni e papà Franco. Il padre del premier, deceduto nel 2012, fu arrestato nel 1995 in Spagna per spaccio di droga. Nella puntata del 14 gennaio scorso Nunzio Perrella (con il volto coperto da una sciarpa) rivela al giornalista di (a latoGiorgio Mottola il presunto legame tra Franco Meloni e il boss Michele Senese. Il collaboratore di giustizia riferisce di aver visto Meloni padre con Senese a Nettuno nel 1992.
Scoop. Di questi rapporti l’inviato di Ranucci chiede conto ad Arianna Meloni. Ma Perrella è credibile? A mettere nero su bianco la non attendibilità dell’ex pentito sono tre uomini dello Stato: due magistrati e il capo della Squadra Mobile di Brescia. Il Giornale è in grado di rivelare il contenuto di documento esclusivo (a lato) conservato all’Archivio Storico della Camera dei Deputati, secretato fino al settembre 2017. Per due magistrati di peso, come l’ex procuratore nazionale antimafia di Bologna Roberto Pennisi e l’ex numero uno della Procura di Brescia Sandro Raimondi, Perrella è il classico pallonaro. Bisogna fare un salto indietro. Nel 2017 Perrella va in tv, al programma Nemo, e racconta di traffici illeciti di rifiuti nella città di Brescia. E’ un fiume in piena. Rivelerà inoltre che «nella discarica di Malagrotta a Roma la camorra ha interrato rifiuti». Dichiarazioni che non troveranno alcun riscontro. A smascherare le bugie di Perrella sarà l’allora capo della Procura di Brescia Raimondi che avvia un’indagine. Successivamente il 31 maggio 2017 Raimondi sarà convocato in audizione davanti la commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Quell’audizione sarà coperta dal segreto di Stato. Noi siamo in grado di rivelarne il contenuto. Eccone alcuni stralci significativi: «Perrella è venuto da me il 6 dicembre del 2016» – racconta Raimondi.
“All’interrogatorio partecipò anche il sostituto procuratore nazionale Roberto Pennisi. Nel corso del nostro esame, Perrella parlò molto del suo passato. Fece delle dichiarazioni di principio e delle segnalazioni ma, di fatto, i nominativi che vennero da lui portati alla nostra conoscenza non ci diedero delle immediate risultanze. Facemmo delle intercettazioni sui telefoni utilizzati da Perrella, che diceva di sapere i luoghi dove avevano interrato i rifiuti.
Le risultanze a cui la polizia giudiziaria pervenne sono assolutamente negative, sia su personaggi (molti personaggi non vennero riconosciuti in fotografia), sia sui luoghi, che non vennero indicati». E poi il pm è ancora più netto: «Non fu in grado di poter fornire un’ubicazione geografica, anzi, fece anche degli errori perché parlò di cantieri Bre.Be.Mi. in un determinato periodo storico, ma la Bre.Be.Mi. venne aperta qualche anno dopo».
Il colpo di scena arriva nel finale dell’audizione: Perrella pretende il rimborso spese per i suoi interrogatori Anche questo passaggio è contenuto nel verbale che il Giornale è in grado di pubblicare: «Il dottor ladevaia (capo della Mobile di Brescia) lo convoca su mia delega e lui fa: No, ma io non posso venire. Non ho soldi per il biglietto. Non posso partecipare.
Rimborsatemi tutto. Poi scoprimmo che invece, due giorni, dopo arrivò a Brescia per fare una conferenza stampa. Questo era un elemento fortemente inquinante di una credibilità». E anche sui rifiuti interrati a Malagrotta le dichiarazioni di Perrella sono false: «Quello che Perrella ha detto non ha trovato riscontri su Malagrotta» – dirà Raimondi nell’audizione. Il giudizio invece di Pennisi sarà ancor più duro: «Mi bastarono cinque minuti per capirlo. Una raccolta di fake news». Gli unici a non accorgersene sono stati gli ingenui inviati di Report. E magari l’avranno pure rimborsato.