No. Non era una donna in cerca di pubblicità. Dal gelo di una giornata freddissima si staccano testimonianze che fanno a pezzi lo stereotipo più facile. «Era una grande lavoratrice e la pizzeria andava benissimo – racconta il signor Franco mentre passeggia a due passi dal punto in cui è avvenuto tutto questo disastro – Il cameriere storico del locale se n’era andato e Giovanna e il marito erano alla ricerca di un’altra persona che li aiutasse nell’impegnativa routine di tutti i giorni».
Due vetrine che guardano il giardino in cui giocano alcuni bambini. La scritta «Le Vignole» porta una nota di leggerezza in un ambiente grigio come l’inverno. Dieci tavoli, non di più, i menu a prezzi contenuti a mezzogiorno, le tavolate serali, lei in cucina e alla cassa, lui a infornare le pizze. Un fazzoletto di terra e di certezze, tutti che si conoscono e si salutano, un mondo piccolo – parafrasando Guareschi – e ordinato. Poi Giovanna Pedretti deve aver toccato i fili dell’alta tensione: l’accusa di aver taroccato o inventato il caso di gay e disabili, l’intervista al Tg3 in cui annaspa, la sensazione – è facile pensare – di aver sporcato l’innocenza che aveva difeso con pazienza nel tempo.
La pizzeria, la casa, attaccata come una cozza alla bottega. Giri l’angolo e trovi l’oratorio di San Luigi con l’associazione dei Genitori e degli Amici dei disabili. «Giovanna – si appassiona il presidente Giampiero Codecasa – aveva inventato la pizza sospesa. Chi voleva dava un contributo per chi la pizza non poteva permettersela. Duecento l’anno, un bel rivolo di solidarietà. Senza clamore, senza strepiti, senza rilanciare a destra e sinistra la propria generosità». Si resta a disagio davanti ai frammenti di un mondo color presepe che si è frantumato in poche drammatiche ore. Si torna alla corte che nasconde il dolore di Nello e della figlia Fiorina. Un uomo stravolto affronta la piccola folla delle telecamere e dei taccuini: «Su Giovanna è stata detta qualunque cosa, anche quello che era falso. Ora non c’è più rimedio, vi prego di andare via».
Non ci sono neanche le lacrime, perché tutta questa vicenda è stata troppo forte e ha macchiato la dignità di una donna che si è sentita perduta. «L’accanirsi è pericoloso. Grazie signora per aver massacrato in via mediatica la mia mamma – scrive su Instagram Fiorina, a corredo di uno screenshot di una storia firmata da Selvaggia Lucarelli – Cerchi pure la sua prossima vittima».
Lorenzo, un pensionato che più di una volta aveva pranzato alle Vignole, è sicuro come una sentenza: «Il post dello scandalo in realtà era farina del suo sacco. Lei ci credeva, lei non era una di facciata, lei si impegnava». Semmai la laboriosità tutta bergamasca – era originaria della Val Brembana – si sposava con una ipersensibilità di fondo. «Un giorno non ho finito il secondo – aggiunge Franco – e lei ci è rimasta male. Tanto che al momento di pagare mi ha restituito tre euro su tredici».
Ma chi avrebbe potuto ridarle l’onore, svanito fra microfoni e post? Un amico che non vuole essere citato prova a interpretare quel che sfugge: «Il fratello di Giovanna, depresso, si impiccò il 12 gennaio 2011. Il 12 gennaio del 2024 si sono scatenati i social. E quella coincidenza deve averla sconvolta». Sulla riva del Lambro, dove si è affidata ai gorghi, si cerca ancora qualcosa. Certo, la fiducia, il metro di Giovanna, rimarrà sempre in fondo al fiume.