Sono bastate meno di ventiquattro ore per trasformare il piano B in un’arma a doppio taglio. Come riportato ieri dal Giornale, Elly Schlein, voleva tenersi aperta la possibilità di un esilio europeo come salvacondotto. Una exit strategy dell’ultimo minuto, nel caso di un flop elettorale che avrebbe messo in discussione la sua permanenza al Nazareno. E invece le correnti sono più veloci. Approfittano delle voci per smontare il piano B, trasformano il giallo della candidatura della segretaria nell’anticipazione di un nuovo congresso. Schlein si ritrova spalle al muro, in un vicolo cieco. L’aut aut, trasversale, suona così: «Se vuoi candidarti in Europa allora restaci». Lo dice il già veltroniano Walter Verini, senatore, in un’intervista a La Stampa. «Sarebbe un segno di forza se la leader del Pd decidesse di candidarsi per stare in Europa, per combattere la battaglia lì, fare la parlamentare europea e contribuire a dare all’Europa quella nuova fase di consolidamento», spiega Verini. Sembra un incoraggiamento, ma ha tutto il sapore di un bacio della morte. Difficile, infatti, fare la segretaria da remoto, a Bruxelles. Segue Sandra Zampa, senatrice vicinissima a Romano Prodi. «Una candidatura in ogni circoscrizione sarebbe sbagliata perché l’ha fatto Berlusconi», argomenta Zampa. La parlamentare stana il piano B di Schlein: «Si potrebbe candidare in un collegio perché vuole andare in Europa e dimettersi dal Parlamento italiano». Ma «questa decisione renderebbe difficile per lei continuare a essere segretaria del Pd».
Dal cerchio magico della segretaria, invece, scelgono di mostrarsi irremovibili sulla candidatura di bandiera in tutti e cinque i collegi, sulla sfida a Giorgia Meloni. Esponenti della sinistra dem come Andrea Orlando, Francesco Boccia e Arturo Scotto insistono su questa ipotesi. La loro convinzione è che «ora non possiamo più tirarci indietro». Nel frattempo, in Transatlantico alla Camera, anche il deputato dem della sinistra romana Roberto Morassut offre il suo consiglio alla segretaria: «Non ci vedrei nulla di innaturale nella candidatura di Schlein, all’impegno di parlamentare europeo si può adempiere svolgendo efficacemente il ruolo di segretario». I molti che spingono per l’esilio europeo tirano in ballo altri casi di leader europarlamentari, come Matteo Salvini o Carlo Calenda. Intanto la «telenovela» sulla candidatura, come la definisce il senatore riformista Alessandro Alfieri, sta già indebolendo la presa della segretaria. Paradossalmente, i consigli meno pericolosi arrivano proprio dagli oppositori interni conclamati.
Un parlamentare dem di primo piano, che non ha sostenuto Schlein, con Il Giornale la mette giù dritta: «Andare a Bruxelles sarebbe una follia, così come candidarsi contro l’opinione di una parte del partito». Il governatore pugliese Michele Emiliano avverte: «Schlein ascolti Prodi, se si candida si gioca la segreteria». Il verde Angelo Bonelli boccia la candidatura: «I leader candidati prendono in giro gli elettori». Dal Pd assicurano: «Alla fine deciderà Schlein da sola con pochi fedelissimi».