Le foto delle 32 vittime della strage di Viareggio esposte davanti alla Cassazione, gli striscioni per chiedere «verità e giustizia» dopo 14 anni dalla tragedia del treno merci deragliato ed esploso dopo aver superato la stazione in provincia di Lucca e svariati processi con lo spettro della prescrizione. Fino all’attesa dell’ultima sentenza, quella che doveva essere definitiva ma che invece non lo sarà, pronunciata ieri sera dai giudici della terza sezione penale della Suprema Corte e che i familiari delle persone morte in un inferno di fuoco la notte del 29 giugno del 2009 aspettavano per avere giustizia. Che alla fine è arrivata, perché la Suprema Corte ha confermato «le responsabilità penali e civili già accertate».
Confermate dunque tutte le condanne, compresa quella dell’imputato principale, Mauro Moretti, ex amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana ed ex ad Fs, che in appello bis era stato condannato a 5 anni di reclusione per disastro ferroviario, incendio e lesioni. Ma ci sarà lo stesso un altro processo, un appello ter davanti ai giudici di Firenze limitatamente alle attenuanti generiche. I reati di lesioni gravi e gravissime, insieme al capo d’imputazione per omicidio colposo, erano stati già dichiarati prescritti ed è rimasta in piedi solo l’accusa di disastro ferroviario. L’ufficio esecuzioni della corte d’Appello di Firenze dovrà ricalcolare le pene in base all’applicazione delle attenuanti generiche, per cui è stato disposto l’annullamento con rinvio.
La procura generale, rappresentata in aula dall’avvocato generale della Cassazione Pasquale Fimiani e dal sostituto pg Pietro Molino, aveva sollecitato il rigetto di tutti i ricorsi e chiesto la conferma della sentenza d’appello-bis, appellata da 13 imputati, dalla parte civile Medicina democratica e da 4 responsabili civili (Rfi, Trenitalia, Ferrovie dello Stato e Cima Riparazioni). I pg avevano ritenuto «infondate» tutte le questioni di legittimità, prospettate in alcuni ricorsi delle difese. «Il leitmotiv di tutta questa vicenda – aveva detto nella sua requisitoria Fimiani – è che non ci si è posti il problema della sicurezza del trasporto merci perché si dava priorità ad altro».
Fuori dal Palazzaccio, in attesa della sentenza, tra i familiari che avevano organizzato un sit-in, c’era anche Marco Piagentini, che nella tragedia ha perso moglie e due figli e che porta ancora addosso i segni delle bruciature. «Per noi non cambia nulla – dice l’uomo, che ha fondato un’associazione dei parenti delle vittime – noi abbiamo già perso tutto 14 anni fa. Ma chi ha sbagliato deve pagare per quello che ha fatto». Per il legale di Moretti, Ambra Giovene, «manca qualsiasi elemento di prova della sua responsabilità, sia come ad di Rfi che di Fs. In riferimento al primo ruolo anzi c’è la prova del contrario. Aveva firmato una prescrizione per tracciare i carri ferroviari esteri circolanti in Italia. Prescrizione che è stata dimenticata nel processo. Quanto invece al ruolo di ad di Fs, gli viene contestato di aver imposto di non tracciare i carri come previsto da una normativa europea che imponeva la libera circolazione dei carri in Unione Europea».