È chiaro che sarà guerra di perizie su La cattura di San Pietro, l’ormai famoso quadro del Seicento di Rutilio Manetti, sospettato di essere l’olio su tela trafugato nel 2013 dal castello di Buriasco, vicino a Pinerolo, nel torinese. «I massimi esperti d’arte sono stati interpellati da me sul dipinto. Lo hanno visionato prima del sequestro. I nomi non li faccio. Lasciamoli lavorare», dice a IlGiornale Vittorio Sgarbi (nella foto), che già sta preparando una sua indagine difensiva, con consulenti da lui pagati. Il sottosegretario alla Cultura, tramite il suo avvocato Giampaolo Cicconi, ha presentato ieri istanza di dissequestro del dipinto al tribunale del Riesame di Macerata, che dovrà ora fissare una udienza. Si tratta, come spesso avviene in questi casi, di una «mossa difensiva» che consente ai legali degli indagati di visionare gli atti in possesso della procura. Spesso infatti poco prima dell’udienza, da parte dei legali degli indagati, vi è una rinuncia all’istanza stessa.
La procura guidata da Giovanni Narbone smentisce intanto che vi siano altri indagati per riciclaggio di opere d’arte rispetto al sottosegretario alla cultura. Per gli accertamenti necessari sul quadro e stabilirne l’origine, anche la procura di Macerata ha delegato i propri consulenti, che sono ora al lavoro sul dipinto rintracciato e sequestrato dai carabinieri del Nucleo tutela del patrimonio nei magazzini della casa museo di Sgarbi di Ro Ferrarese, nel comune di Riva del Po. Ieri il sottosegretario ha continuato a parlare di «cricca di bulli manipolatori», riferendosi ai giornalisti del Fatto e di Report che hanno realizzato l’inchiesta sul dipinto.
Si tratta, a suo dire, di «diffamazioni su diffamazioni. Il metodo è sempre quello. Prendi un teorema e ci costruisci sopra una tua verità, non la verità. E valorizzi tutte quelle ipotesi che possono rendere credibile la tua verità. Non è giornalismo: è manipolazione».