È sul diritto alla difesa che si consumerà domani l’ennesimo braccio di ferro tra la maggioranza garantista che vuole riformare la giustizia e il solito codazzo forcaiolo che preferisce la barbarie della gogna mediatico-giudiziaria che tanti danni ha fatto alla credibilità della magistratura.
L’emendamento firmato da Pierantonio Zanettin che sarà votato in commissione Giustizia prevede che le conversazioni tra difensore e indagato vengano risparmiate dall’invasività delle intercettazioni. Secondo il testo, che ha parere favorevole del governo, «è vietata l’acquisizione di ogni forma di comunicazione, anche diversa dalla corrispondenza, intercorsa tra l’imputato e il proprio difensore, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato». Inoltre, le operazioni di intercettazioni andranno «immediatamente» interrotte quando risulta che la conversazione o la comunicazione rientra tra quelle per cui è vietata la registrazione. Il testo è stato riformulato, perché nella sua originaria formulazione era previsa anche la «distruzione» delle intercettazioni ingiustamente trascritte, e su questo Zanettin non vuole mollare: «C’è un disegno di legge a mia firma, già incardinato, che prevede la distruzione e un illecito disciplinare per chi viola questa disposizione». La maggioranza accarezza anche l’idea di scongiurare le storture dei trojan, sia sui telefonini che sui cloud, ma su questo l’opposizione, il Csm e i soliti quotidiani asserviti alle Procure minacciano le barricate. Se ne discuterà la prossima settimana, vedremo cosa succederà in aula.
«La Costituzione tutela in via generale la segretezza delle comunicazioni definendola inviolabile, aggettivo che, non casualmente, il Costituente ha riconosciuto solo ai diritti fondamentali di libertà, sui quali poggiano i cardini della nostra democrazia liberale: libertà personale (articolo 13 della Costituzione), del domicilio (articolo 14), della libertà e della segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione (articolo 15) ed infine, del diritto di difesa inviolabile in ogni stato e grado del procedimento (art. 24)». È questo l’appello lanciato dal presidente dell’Unione delle Camere Penali Francesco Petrelli e rivolto a deputati e senatori che dovranno affrontare questo delicatissimo tema. «Senza il diritto alla difesa tutti gli altri diritti restano vuote enunciazioni di principio, prive di effettiva protezione», ricorda Petrelli al Giornale.
Certo, alcuni legali si sono certamente esibiti in comportamenti spregiudicati, prestandosi ai giochi sporchi dei propri assistiti. Ma questo non giustifica che si possa violare il cuore del diritto alla difesa di tutti, in spregio alla Costituzione. «L’assoluta riservatezza di queste conversazioni è ridotta a ad un vuoto simulacro, al Parlamento il compito di ripristinare il rispetto della volontà dei costituenti».