È sterminata la Spoon river dei morti di cyberbullismo. «Non c’è nessuna gogna social dietro la morte di Giovanna Pedretti», sbraita Selvaggia Lucarelli dopo il suicidio della ristoratrice da lei (e dal compagno foodblogger Lorenzo Biagarelli) accusata di barare su una recensione. Eppure quando l’anno scorso si suicidò Roberto Zaccaria dopo una puntata delle Iene, fu proprio la Lucarelli ad accusare la trasmissione di Italia uno di aver spinto l’uomo a togliersi la vita. Zaccaria si era finto una donna e aveva ingannato un ragazzo di 24 anni, Daniele di Forlì, che appena scoperto l’inganno si era ucciso. Matteo Viviani lo rintracciò, lui venne riconosciuto in paese e si tolse la vita con dei farmaci. Sulle Iene piovvero accuse di istigazione al suicidio, le stesse da cui oggi la Lucarelli si difende. Se era vero allora, quelle accuse valgono anche per lei. Purtroppo, invece, siamo in un terreno pericolosissimo, quello dell’insondabilità della mente umana. Sia che tu sia la star del film coreano Parasite come il 48enne Lee Sun-kyun, travolto dall’onta del sospetto di aver fatto uso di sostanze stupefacenti, sia che tu sia il ragazzo sardo di 28 anni trovato impiccato a Guspini (Sud Sardegna) dopo essere stato accusato dai media locali e dai social di avere molestato due bambini di 7 e 11 anni.
Il clic fatale può scattare anche in un vigile urbano, come Gian Marco Lorito di Palazzolo sull’Oglio, che si è tolto la vita dopo che la foto della sua auto parcheggiata in uno stallo per disabili a Bergamo, per cui si era anche automultato con 100 euro, è finita sui social. A 43 anni si è sparato vicino al comando.
Qualche settimana fa un imprenditore siciliano, Alberto Re, decise di uccidersi dopo che la manifestazione che aveva organizzato per il 20 novembre 2023 era andata deserta. Colpa della concomitante partita Italia-Ucraina, decisiva per l’Europeo 2024. L’imprenditore 78enne di Agrigento si è tolto la vita con un colpo di pistola per le foto del teatro vuoto circolate sui web. «Voleva fare qualcosa per la sua città, era un uomo mansueto», ha fatto sapere la famiglia dopo la tempesta che ne ha travolto la reputazione.
I ragazzi e le donne sono certamente i più fragili. Vincent Plicchi era un Tiktoker famosissimo di Bologna, conosciuto come Inquisitor Ghost. Si è ucciso in diretta il 12 ottobre scorso dopo alcune infamanti accuse di pedofilia, lasciando un messaggio al padre Matteo: «Prenditi cura del mio gatto». «Solo per qualche follower in più», è il rammarico del padre, per cui «le prove sono tutte online».
Le vittime di revenge porn non si contano. La più famosa è Tiziana Cantone, su cui si sono recentemente chiuse le indagini chieste dalla madre. Per la giustizia italiana la 31enne di Napoli si è impiccata nel 2016 dopo che i suoi video intimi con l’allora fidanzato erano finiti in rete e persino su Youporn. Prima e dopo di lei altre donne disperate avevano scelto di farla finita. Come la giovanissima Carolina Picchio, che esattamente dieci anni fa, nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 2013, si è uccisa, umiliata da quel video in cui lei, incosciente o forse ubriaca, veniva irrisa dai suoi coetanei della Novara bene che giocavano con il suo corpo, mimando atti sessuali: «Le parole fanno più male delle botte. Ciò che è accaduto a me non deve più succedere a nessuno», il suo triste, ultimo pensiero affidato a un selfie prima di morire per cyberbullismo, inchiodando i responsabili di quella morte a un processo e una serie di condanne. Da poco si è aperto il processo contro gli stupratori di Alice Schembri, sedicenne di Agrigento costretta nel 2017 a subire gli abusi di quattro ragazzi, filmati e finiti in rete, che si è buttata da una rupe.