Vandalizzata icona sacra di Stalin: esplodono le proteste in Georgia

Vandalizzata icona sacra di Stalin: esplodono le proteste in Georgia

Può bastare una semplice icona a spaccare un intero Paese? Spesso anche piccoli simboli sono in grado di aprire ferite molto profonde all’interno delle società. E in Georgia un piccolo quadro ha tirato fuori tutte le contraddizioni di un Paese che ancora non ha del tutto fatto i conti con il passato e deve, inevitabilmente, provare anche a fare i conti con il futuro.

Nell’icona posizionata all’interno della cattedrale di Sameba, la principale chiesa di Tbilisi, c’è tutto il recente passato della Georgia. In primis, c’è Matrona la Cieca, una delle Sante più venerate dai fedeli georgiani. Accanto a lei c’è nientemeno che Josif Stalin, ossia il leader comunista che anche se ha associato il suo nome ad alcune delle pagine più importanti della storia russa, è nativo della Georgia. C’è inoltre rappresentato un episodio a metà tra leggenda e verità, secondo cui lo stesso Stalin un giorno è andato a parlare con Matrona la Cieca subito dopo l’invasione nazista.

Per molti, vedere raffigurato un acerrimo nemico della chiesa accanto una Santa, sa di provocazione. Per altri invece, Stalin rappresenta quasi un orgoglio nazionale. Ben si comprende quindi perché la Georgia si è così divisa. Non solo, ma c’è anche chi vede nell’icona lo zampino di Mosca: a donare l’opera infatti, è stata l’Alleanza dei Patrioti, formazione conservatrice considerata vicina ai filorussi.

L’icona con Stalin imbrattata da un’attivista

La spaccatura interna alla Georgia si è resa ancora più visibile dopo il gesto di Nata Peradze, un’attivista che ha imbrattato l’icona raffigurante la Matrona e Stalin. Su Repubblica, Peradze ha dichiarato di aver avuto tra i suoi antenati molti parenti uccisi o mandati in Siberia dall’ex leader sovietico. Dunque, vederlo raffigurato accanto a una Santa ha fatto percepire quel quadro ai suoi occhi come un’atroce provocazione. In tanti si sono schierati con lei, in tanti invece hanno addirittura raggiunto con toni minacciosi l’abitazione dell’attivista.

Sotto casa di Peradze si è infatti radunato un gruppo di manifestanti con al suo interno membri di Alt-Info, formazione nazionalista, e anche del clero della Chiesa ortodossa georgiana. Quest’ultima è autonoma dal patriarcato di Mosca, ma estremamente influenzata dai dettami dei suoi vertici ecclesiastici. Non sorprende quindi se tra i manifestanti che hanno raggiunto l’abitazione dell’attivista, sono spuntati uomini con barba lunga e tonaca.

La tensione sotto la dimora di Nata Peradze è stata molto alta, sono nati anche scontri con la polizia. Gli agenti con il loro intervento hanno di fatto impedito l’intrusione del gruppo formato da decine di persone all’interno della casa dell’attivista. Le autorità sono state costrette, tra le altre cose, anche a cercare una nuova residenza in una località segreta per la donna. Segno di una tensione di certo non ancora spenta o ridimensionata.

La Georgia si è così riscoperta profondamente spaccata. Matrona la Cieca è un riferimento importante per gli ortodossi georgiani e non solo. Non vedente dalla nascita, nei primi anni del secolo scorso in tanti le hanno attribuito poteri di veggenza. Da qui la venerazione sviluppata peraltro in tempi in cui Stalin demoliva chiese e uccideva decine di preti e religiosi. Quando le truppe naziste hanno però lanciato l’operazione Barbarossa, lo stesso leader sovietico avrebbe deciso di recarsi dalla Santa. Leggenda vuole che Matrona la Cieca avrebbe predetto la vittoria dell’Urss, ma a patto che Stalin rimanesse costantemente presente a Mosca.

Per alcuni è solo leggenda, volta a cementificare fede e nazionalismo. Per altri invece, l’episodio spiegherebbe l’allentamento della repressione contro la Chiesa ortodossa e la presenza nella capitale russa di Stalin fino alla sua morte. Ad ogni modo, raffigurare il segretario del partito comunista sovietico accanto a una Santa ha avviato una serie di reazioni a catena. La maggior parte dei georgiani vede l’icona come una provocazione. Ma, per l’appunto, per una parte dei cittadini del Paese caucasico le icone sacre e le immagini di Stalin non devono essere imbrattate. La spaccatura tra queste fazioni potrebbe generare ulteriore instabilità.

Perché si pensa allo zampino di Mosca

La storia, come spesso accade, si intreccia con il presente. I georgiani non riescono a dare un giudizio univoco su Stalin e hanno ereditato dal passato un forte senso di appartenenza alla chiesa ortodossa. Questo potrebbe aver stimolato ad alcuni l’idea di spaccare il Paese proprio tirando fuori un’icona capace di mettere in evidenza tutte le contraddizioni.

I media locali hanno riferito che a donare l’opera è stata l’Alleanza dei Patrioti. La formazione si è più volte espressa su posizioni filorusse e, anche se i diretti interessati hanno sempre smentito, non sono pochi a ritenere che il partito riceva fondi da Mosca. Da qui l’associazione a cui molti, tra i georgiani, stanno iniziando a credere: la Russia potrebbe aver pensato a far saltar fuori l’icona con l’intento di dividere la Georgia. Un modo forse per rispondere al recente avvicinamento di Tbilisi all’Ue e all’occidente.

Difficile al momento dimostrare una teoria del genere, certo però è che chi ha agito, all’interno o all’esterno del Paese, ben sapeva le conseguenze della donazione dell’icona. Anche perché da questa storia ad emergere è un dato certo: quando si toccano corde del recente passato, la Georgia diventa una polveriera.

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