Le tre condizioni (che non ci sono) per la patrimoniale

Le tre condizioni (che non ci sono) per la patrimoniale

Prima l’ex ministro Elsa Fornero, oggi opinionista a gettone, poi Nicola Fratoianni, da sponde opposte, rilanciano con forza l’idea di una patrimoniale per provare a sistemare debito e conti pubblici.

La patrimoniale, lo dice la parola, è un’imposta che va a colpire il patrimonio personale sia mobiliare (conti correnti, azioni, eccetera) sia immobiliare (case, negozi, capannoni, terreni) ed è di solito la misura estrema che un governo adotta per non fare fallire il Paese. Il solo parlarne presuppone quindi che l’Italia sia sull’orlo del baratro, cosa che non corrisponde alla verità. Per quanto alto sia il nostro debito pubblico, esso è, al momento, sostenibile e, a maggior ragione, lo sarà se si riuscirà ad innestare nei prossimi anni un ciclo di crescita accettabile.

I tecno-burocrati (Fornero) e i comunisti (Fratoianni) la fanno facile e non si pongono il problema della tutela della ricchezza privata. Anzi, vedono in essa la panacea di tutti i mali e di tutte le incapacità pubbliche, a prescindere dall’urgenza: più semplice mettere le mani in tasca ai cittadini che riformare il sistema che ha prodotto lo sconquasso. E qui casca l’asino, perché, in assenza di vere riforme, la patrimoniale mette sì una pezza, ma, a breve, il buco si ripresenterà esattamente come prima (hai voglia a svuotare una vasca se non aggiusti il rubinetto che perde).

Lo aveva ben capito Luigi Einaudi, uno dei padri del pensiero economico liberale, che, nei primi anni del dopoguerra, considerò favorevolmente la possibilità di una patrimoniale per rilanciare l’Italia, ma a tre condizioni: che fosse un’imposta straordinaria e, quindi, una tantum; che mettesse la parola fine «all’era lunga dell’incremento continuo ed esasperante delle imposte ordinarie sul reddito»; che segnasse l’inizio di una fase di forte credibilità di una nuova classe politica.

Ecco, nessuno di questi tre impegni viene oggi messo sul tavolo della discussione. In altre parole ci dicono: fuori i soldi e zitti, che noi continuiamo come prima. Senza nulla in cambio contemporanea forte riduzione della pressione fiscale e riforme ultra liberali , la patrimoniale non solo non è accettabile, ma è pure inutile se non addirittura dannosa, soprattutto in Italia dove il patrimonio (innanzitutto immobiliare, per altro già tassato a sufficienza) non corrisponde a una reale ricchezza.

Fine della discussione.

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