Navi di ricerca cinesi collegate all’Esercito popolare di liberazione (Pla), ovvero le forze armate di Pechino, starebbero effettuando indagini approfondite sul fondale dell’Oceano Indiano nell’intento di mappare un’area strategica ed espandere in loco operazioni militari sottomarine. Un’analisi effettuata dal Center for Strategic and International Studies (CSIS), che ha passato in rassegna migliaia di ore di dati di spedizione dal 2020 ad oggi, mostrerebbe come la zona in questione sia ormai diventata uno dei più grandi domini per le indagini oceaniche della Cina. Indagini, hanno spiegato gli analisti, che avrebbero apparentemente una natura civile, ma che in realtà sarebbero legate al Pla e al programma di fusione civile-militare di Pechino, un piano strategico nazionale per far avanzare le forze armate cinesi acquisendo tecnologia e ricerca da gruppi civili.
La mappatura dell’Oceano Indiano: cosa sta cercando la Cina
La notizia è stata rilanciata dal Washington Post, secondo cui le crescenti attività della Cina in acque internazionali sarebbero progettate per estendere le operazioni militari. Una simile raccolta dati, ad esempio, potrebbe essere cruciale per la distribuzione di sottomarini in una regione che rappresenta una linea di approvvigionamento energetico fondamentale per Pechino in caso di guerra con Taiwan.
La scorsa settimana, a causa di un’intensa pressione dall’India, lo Sri Lanka ha dichiarato una moratoria sulle navi da ricerca cinesi che entrano nelle sue acque. Nuova Delhi ha espresso preoccupazione per il fatto che le navi da ricerca vengano utilizzate per effettuare monitoraggi e analisi nella propria sfera d’influenza. Il punto è che lo Sri Lanka, che ha ricevuto nell’ultimo ventennio quasi 12 miliardi di dollari di prestiti dalla Cina, fatica a trovare un equilibrio tra i due giganti asiatici.
In un simile scenario, l’amministrazione Biden ha cercato in tutti i modi di rafforzare i rapporti di sicurezza con l’India. Il mese scorso, ad esempio, il vice consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jon Finer, ha guidato una delegazione nella nazione indiana per rafforzare le partnership tecnologiche lungo l’asse Delhi-Washington.
Il monitoraggio di Pechino
Gran parte dell’attenzione sulla crescente presenza militare della Cina nell’Indo-Pacifico si è concentrata sulla sua enorme flotta di navi e aerei in acque contese o nei pressi di Taiwan. Tuttavia, nelle profondità degli oceani, Pechino sta lavorando per espandere una rete meno visibile di sistemi di difesa sottomarina e apparecchiature di monitoraggio che, in caso di guerra, si rivelerebbero fondamentali per supportare le sue difese navali e proteggere le rotte di approvvigionamento.
I tipi di indagini oceaniche condotte dalle navi, ha scritto il WP, includono ricerche per risorse energetiche e analisi di ambienti marini. I dati così raccolti, spiegano gli analisti, potrebbero però essere utilizzati anche per scopi militari, incluso il tentativo di manovrare e oscurare i sottomarini durante un ipotetico conflitto.
Il rapporto CSIS ha rilevato che delle 13 navi che svolgono la maggior parte delle attività di indagine e ricerca nell’Oceano Indiano dal 2020, tutte hanno collegamenti con l’esercito cinese e hanno mostrato comportamenti sospetti, tra cui l’attracco nei porti militari cinesi o lo spegnimento temporaneo dei dispositivi di localizzazione.
La Cina mantiene la più grande flotta al mondo di navi da ricerca civili. Il rapporto CSIS afferma che almeno l’80% di 64 di queste navi, operanti a livello globale dal 2020, avrebbe mostrato “indicatori di avvertimento” sul fatto che il loro lavoro sarebbe legato a obiettivi militari. Oltre la metà delle citate imbarcazioni opera nel Mar Cinese Meridionale. Ma la loro presenza sta crescendo anche nell’Oceano Indiano. E questo potrebbe presto incrementare nuove tensioni internazionali.