Taiwan è andata a letto con un nuovo presidente, ma si è svegliata con un mare di incognite da affrontare e le armi puntate addosso della Cina, che per l’occasione ha sguinzagliato un sottomarino nucleare al largo delle coste taiwanesi.
Le elezioni sono state vinte dal medico e ricercatore 65enne William Lai Ching-te, candidato del Partito democratico progressista (Dpp) che sostiene l’identità separata di Taiwan e respinge le rivendicazioni di sovranità di Pechino, affermando che solo il popolo può decidere del proprio futuro. Un risultato che Xi Jinping forse non digerirà mai, soprattutto dopo aver sentito Lai affermare di «essere determinato a salvaguardare Taiwan dalle continue minacce e intimidazioni da parte della Cina. Cammineremo fianco a fianco con gli alleati democratici internazionali. Nulla ci potrà spaventare».
Gli oltre cinque milioni di elettori che hanno scelto Lai non sono neppure riusciti a festeggiare più di tanto, investiti dalla doccia fredda cinese. Chen Binhua, portavoce dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan del governo di Pechino, ha spiegato che il Dpp, alla guida dell’isola dal 2016 (è la prima volta che un partito arriva al terzo mandato consecutivo), «non può rappresentare l’opinione pubblica tradizionale dell’isola. Non importa come cambierà ora la situazione politica a Taiwan, il fatto fondamentale è che esiste una sola Cina nel mondo e Taiwan fa parte della Cina».
Lai ha raccolto il 40,05 per cento e un totale 5 milioni e 586mila voti. Staccato Hou Yu-ih, in corsa per i nazionalisti del Kuomintang, che ha totalizzato il 33,49 per cento, pari a 4 milioni e 671mila voti. Mentre il terzo candidato Ko Wen-je, leader del Partito popolare, ha perso terreno rispetto ai dati iniziali, ottenendo solo il 26,46 per cento (pari a 3 milioni e 690mila). Lai vince le presidenziali, ma il suo Dpp perde la maggioranza assoluta allo Yuan, il parlamento legislativo. Nel 2016, il Dpp contava 68 seggi sui 113 dell’assemblea, scesi a 61 nella tornata elettorale del 2020, fino ai 57 attuali.
Rimangono quindi pericolosamente in gioco, nonostante la netta affermazione del Dpp, la pace e la stabilità di un arcipelago che la Cina rivendica come proprio. Tant’è che alla vigilia Xi Jinping si era detto senza mezzi termini «pronto a stroncare qualsiasi tentativo di indipendenza». Durante le votazioni almeno otto jet e sei navi militari cinesi sono stati avvistati intorno all’isola, mentre, come accennato, un sottomarino nucleare sta pattugliando da ieri sera le acque a ridosso di Taiwan. Il ministero della Difesa ha affermato di aver inoltre rilevato anche due sonde-spia che attraversavano lo stretto. Pechino ha inoltre bloccato sulla piattaforma social media Weibo l’hashtag «elezioni in Taiwan». Il blocco è stato disposto dopo che era diventato tra quelli di maggiore tendenza dopo l’apertura delle urne, al punto da favorire un’affluenza record del 70 per cento e la mobilitazione dei giovani.
Il Segretario di Stato americano Antony Blinken, che ha chiamato il presidente eletto per congratularsi, ha chiesto alla Cina di mantenere pace e stabilità durante e dopo il voto, mentre lo stesso Xi, nel discorso di Capodanno, aveva ammesso che le scelte degli elettori sarebbero diventate un test per poter gestire le tensioni fra Washington e Pechino o alimentare lo scontro. La posizione della Casa Bianca però è chiara, ed è stata ribadita ieri da Biden: «Gli Stati Uniti non sostengono l’indipendenza di Taiwan». Biden però invierà osservatori a verificare la situazione.