Più armi, più guerra. E chi pensa alla pace?

Più armi, più guerra. E chi pensa alla pace?

Gentile Direttore Feltri,

a quanto pare, gli Stati Uniti non sono più disposti a fornire armi all’Ucraina per resistere contro la Russia. Che sia la volta buona che, sulla scia degli Usa, anche i Paesi europei scelgano di interrompere l’invio di armamenti? Potremmo finalmente porre

fine ad una guerra logorante che non ha fatto altro che produrre morti e distruzione senza che mai si pervenisse al sopravvento di un belligerante sull’altro.

Stefano Zanatta

Caro Stefano,

i principi che ci hanno indotti, fin dalla prima ora, a sostenere l’Ucraina mediante l’invio di armi che diciamo «da difesa» e non «da attacco», sebbene non comprenda bene questa distinzione dal momento che tutte le armi uccidono e non ne esistono di inoffensive, sono tutti principi giusti e nobili, che non possono né devono essere contraddetti. Riteniamo infatti, così come prevede il diritto internazionale, che uno Stato attaccato, ovvero aggredito, abbia il sacrosanto diritto di reagire difendendosi e che, a supporto di questo Stato invaso e contro l’aggressore, possano prendere posizione, e debbano prendere posizione, le altre Nazioni che compongono la comunità internazionale, le quali appunto ripudiano la guerra. Dunque, noi ci siamo sentiti in dovere di offrire tale supporto all’Ucraina. E abbiamo anche percepito come una minaccia il ricorso alla forza da parte della Russia, anche perché Putin non ha affatto omesso di presentare questa azione militare come un’azione contro l’Occidente tutto, un Occidente di cui egli critica tanti aspetti, pure criticabili – sia chiaro -, e che schernisce.

Benissimo. Non ci siamo sottratti ai nostri doveri. Ma ora, alla vigilia del secondo anniversario dell’inizio della guerra, è necessario compiere un bilancio e comprendere se la nostra strategia e le nostre scelte abbiano inciso positivamente o meno e dove potrebbe condurci il nostro accanimento nel seguire soltanto questa via, ovvero quella del sostegno militare, che pare non possa neppure essere messo in discussione, il che è alquanto agghiacciante. Invece dibattere riguardo certi argomenti è urgente e questo cambiamento di atteggiamento da parte degli Stati Uniti potrebbe in qualche maniera sfociare in un progresso. Ci dovremmo impegnare di più nei negoziati. Anzi dovremmo impegnarci in tal senso, cosa che non abbiamo ancora fatto, ci siamo limitati a spedire armi affinché l’Ucraina resistesse contro la Russia, la quale è munita di un arsenale nucleare di migliaia e migliaia e migliaia di armamenti di tale tipo. Un po’ come se un moscerino volesse opporre resistenza contro un rinoceronte o un tirannosauro. Va da sé che il risultato non può che essere questo: una interminabile guerra di logoramento, che consuma, devasta, annienta, sfinisce ma non finisce mai. Questo non giova a nessuno, né

allo Stato sul cui suolo il conflitto viene materialmente combattuto né ai Paesi e ai popoli che garantiscono a Zelensky quei mezzi per potere seguitare a contenere l’avanzata dei russi. Di fatto la guerra ha determinato aumento del prezzo del gas, inflazione, caro-bollette, peggioramento delle condizioni delle famiglie, quantunque ultimamente non manchino i segnali di ripresa e di crescita. A mio avviso, l’Italia in tutto questo avrebbe potuto giocare una partita importante e un ruolo ben diverso, magari di primo piano, sempre senza tradire i nostri alleati, ovvero avrebbe potuto favorire l’apertura di un dialogo, quindi la ricerca di uno spiraglio per la pace. Non è ancora tardi per poterlo fare. Cominciamo però con l’abbattere questo tabù e a reputare legittimo dibattere pubblicamente riguardo la possibilità di interrompere l’invio di armi, come è accaduto negli Stati Uniti.

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