La forza attrattiva di un modello che si fonda sulla necessità di un approccio scientifico, che non raramente degrada in delirio di onnipotenza, e di una umanità che cede alla hybris si sta trasformando in dogma a cui viene conferita una valenza incondizionata.
Non è però un modello inedito nella sua formulazione teorica. Anzi, rappresenta un ordine simbolico che ha una trama antica. Tutto era già scritto, solo che soggiornava nelle pagine di bistrattati volumi di fantascienza o di indecifrabili saggi filosofici. Anche la completa sintesi tra macchina e corpo, che sembra la fase più avanzata e assurda del progresso tecnologico e attiene al tema terrificante della ibridazione, fa parte di un ventaglio di vicende già sperimentate in campo letterario. Le storie del Frankenstein di Mary Shelley o, nel Ritratto di Dorian Gray la tragica condizione di una umanità che cerca bellezza e longevità eterna, a loro modo, esploravano proprio questi passaggi che solo fino all’altro ieri ci apparivano incredibili e stravaganti.
Viene ora tradotto per la prima volta in Italia Summa technologiae (Luiss University Press, pagg. 432, euro 35) di Stanislaw Lem, autore quasi del tutto sconosciuto nel nostro Paese, ma tra i maggiori scrittori in lingua polacca. Nato a Leopoli, nell’attuale Ucraina, balzò agli onori delle cronache per il romanzo Solaris, uscito nel 1961, da cui Andrej Tarkovskij e Steven Soderbergh trassero materiale per due film. Summa technologiae è una raccolta di saggi e riflessioni di vario genere, usciti in Polonia nel 1964, in cui l’acume della riflessione razionale si coniuga alle effervescenze di un narratore del fantastico, l’approccio filosofico alla fantascienza, e il tutto è condito da un umorismo corrosivo che fende ogni rigo.
Un’opera importante perché Lem rappresenta il prototipo dell’autore che preconizza ogni futuro sviluppo della tecnica e ogni sua diramazione nel campo sociale e delle relazioni economiche e industriali, e che tuttavia riesce a mantenere intatta una peculiare lucidità di narrazione facendo incrociare il peso della scienza tecnologica con le angosce dell’uomo. Dunque, non è soltanto lo sguardo visionario di un geniale creatore di mondi ma una scomposizione analitica, dal taglio spesso anche speculativo, che indaga sugli eventuali effetti degli avanzamenti della tecnica.
La sua autorevolezza sta proprio nell’aver approfondito l’orizzonte sempre più pervasivo del progresso, senza rinserrarsi nel linguaggio allegorico del letterato o, peggio ancora, in quello talvolta asettico dell’analista filosofico. Un approccio che però, componendosi di una varietà di stili e di un doppio binario di lettura, ha prodotto qualche asprezza con i suoi contemporanei, i quali diffidavano del fatto che, in una sola persona potessero armonicamente coesistere genialità romanzesca e lucida analisi.
Nel 1974, Philip K. Dick denunciò Lem all’Fbi accusandolo di essere tra gli ispiratori di un complotto comunista. Due anni dopo fu espulso dalla Science Fiction and Fantasy Writers of America di cui era membro onorario. Infine, molte delle sue opere sono state completamente dimenticate e non tradotte. Eppure, non possiamo che ritornare a Lem, perché attraverso i suoi scritti si apre un universo di visioni che descrivono in maniera perfetta un tempo come il nostro dominato dall’intelligenza artificiale. Anche i neologismi sembrano richiamare una realtà anticipata. Dalla «intellettronica» alla realtà virtuale che definiva «fantomatica», alla macchina che chiama «fantomaton» in grado di realizzare mondi alternativi dove già era indistinguibile il confine tra finzione e realtà.
La rete e internet rappresentano oramai il nostro ambiente, ma sono il compimento di una evoluzione storica di cui proprio Lem aveva immaginato configurazioni esteriori e contenuti. Per esempio fantasticando sulla fine dei libri, ricreando per loro un nuovo formato elettronico che richiama i nostri e-book. Gli «opton», piccoli cristalli di memoria caricati su un dispositivo che ricordano i tablet contemporanei, e poi i «lekton», audiolibri regolati su qualsiasi voce e modulazione. E ancora: «macchine informatiche» e «banchi di memoria» in grado di stabilire «reti informatiche statali, continentali, e più tardi, planetarie», la Biblioteca Trionica, smisurato database consultabile da chiunque, e schermi portatili con i quali si aveva l’accesso a dati e immagini proprio come gli attuali telefoni cellulari.
La sua riflessione prosegue a tutto campo e non può che spingersi fino alla valutazione sullo status legale dei futuri esseri umani, il cui corpo – compreso il cervello per via della indubbia incarnazione tra macchina e corpo, sarà innervato da impianti artificiali. Lem mouore nel 2006, giusto in tempo per veder realizzate quasi tutte le sue intuizioni.