Esiste un’America chiassosa. È quella woke, che vorrebbe rimuovere ogni traccia di un passato che non piace e di un presente che si vorrebbe a tutti i costi cambiare, spesso censurare. E poi ne esiste un’altra, che si muove in silenzio e che, in modi più o meno bizzarri, cerca di difendere i valori tradizionali.
Jack Donovan appartiene a quest’ultima, riuscendo però a incarnare tutte le contraddizioni degli Stati Uniti. È stato un satanista, ha partecipato a diversi gay pride e ha frequentato alcune drag queen. È omosessuale, ma non vuole esser chiamato gay perché, secondo lui, questa parola incarna una visione politica di sinistra, imperniata sul femminismo e, quindi, contraria agli uomini. Preferisce farsi chiamare «androfilo». Da qualche anno, Donovan si è messo a scrivere libri sulla virilità che stanno avendo parecchio successo e che ora sono arrivati in Italia, attraverso la casa editrice Passaggio al bosco. Un paradosso, quello dello scrittore americano? Forse. Anche perché la sua idea di mascolinità è estremamente dura. Selvaggia. A tratti improponibile. Il contrario di quella classica proposta da Harvey C. Mansfield, professore di Harvard, nel suo Virilità (Liberilibri). Per Donovan, infatti, gli uomini dovrebbero tornare ad essere dei barbari che si muovono in gruppo. In una gang. È una visione ancestrale, che può essere ricondotta a quella delle antiche fratrie greche e che necessita, per forza di cose, di un’uscita dal mondo. Barbari per necessità, perché non ci si riconosce più in alcun valore presente. Tornare alla lotta, alla caccia, alla ricerca della supremazia. Alla competizione. Eppure è questa, per Donovan, La via degli uomini: diventare Una bestia più completa (titoli di due suoi recenti saggi). Mettere da parte ciò che la cultura dominante propone ogni giorno. Evitare il compromesso e favorire lo scontro. Robe da far accapponare la pelle agli attivisti woke. Eppure Donovan non è il solo a voler rimettere la virilità al centro della discussione in America.
Pochi mesi fa Kevin Sorbo, attore che per anni ha interpretato Hercules in un importante telefilm, è intervenuto su Fox News per chiedere a Hollywood di tornare a realizzare film capaci di valorizzare il lato buono degli uomini. «I padri, in particolare, sono diventati il bersaglio di ogni battuta hollywoodiana, gli idioti maldestri e inutili che non contribuiscono in alcun modo alle loro famiglie o comunità, ma diventano oggetto di scherno». Perché, alla fine, sembra che negli Stati Uniti (e non solo lì) l’unico uomo buono sia quello morto. O, alla peggio, quello femminile. Ma, sostiene Sorbo, «l’America oggi ha bisogno di guerrieri; protettori; padri responsabili e impegnati. Abbiamo bisogno di uomini che crescano i loro figli, difendano le loro case, provvedano alle loro famiglie e servano con spirito di sacrificio. La chiamata al dovere per l’uomo di oggi è quella di elevarsi al di sopra di ciò che la società e i media dicono che è condannato a essere, diventando invece il leader-servitore di cui la sua famiglia e la comunità hanno così disperatamente bisogno».
Come insegna anche John Eldredge nel suo nuovo Cuore selvaggio (Ares), che chiede agli uomini di smetterla di piangersi addosso e di tornare a essere virili a partire, appunto, dalla riscoperta del proprio cuore. E questo non ha nulla a che fare con il sentimentalismo, ma con il coraggio. Quella di Eldredge è una visione imperniata sul cristianesimo e nel suo libro alterna brani di Braveheart a quelli della Bibbia. Prega gli uomini di tornare a cercare l’avventura e di fregarsene del rischio. Chiede loro di cercare (e trovare) una battaglia da combattere. E, soprattutto, di essere consapevoli che dovranno procurare delle ferite e, soprattutto, essere disposti a riceverne. Come scrive C.S. Lewis: «Ama una cosa qualunque e il tuo cuore verrà stritolato e spezzato. Se vuoi essere certo che il tuo cuore rimanga intatto non devi darlo a nessuno, nemmeno a un animale».