Il nuovo iper-pacifismo fa litigare la sinistra. Ucraina e Medio Oriente trappole per la Schlein

Il nuovo iper-pacifismo fa litigare la sinistra. Ucraina e Medio Oriente trappole per la Schlein

Quando non si sa che pesci prendere, meglio tacere. Faceva impressione, ieri, notare sulle agenzie il silenzio impenetrabile della leadership Pd sulla questione più dirompente del momento: gli attacchi dei nazi-islamisti yemeniti del clan Houthi alle rotte del commercio mondiale nel Mar Rosso, la reazione difensiva di Usa e Regno Unito, persino le polemiche attorno al presunto tirarsi indietro del governo italiano. Niente, non una sillaba sulla crisi più acuta e prossima (anche per le colossali conseguenze economiche che può avere) che l’Europa e l’Italia stanno vivendo.

La ragione è chiara, e la sintetizza brutalmente un dirigente Pd di area riformista: «Per carità, figurati se qualcuno dice qualcosa con questo caos interno al Pd e i nostri dirigenti, nonché i partiti del centrosinistra, impegnati a tirarsi reciprocamente i gavettoni sui giornali». Il trauma del testacoda sull’Ucraina, nel voto di mercoledì delle risoluzioni parlamentari, è ancora troppo fresco. «E a fine mese, quando si voteranno le mozioni sul riconoscimento della Palestina, l’implosione sarà ancora peggiore», preconizza un dirigente dem.

Politica estera e collocazione internazionale dell’Italia, con le guerre alle porte d’Europa, sono diventate un terreno minato per il principale partito di opposizione. Dopo il patatrac sull’Ucraina, Elly Schlein preferisce non esporsi. Il responsabile Esteri Peppe Provenzano ieri era ancora impegnato a giustificare il voto ambiguo su Kiev: «Accreditare l’idea, per ragioni di posizionamento interno, che c’è un indebolimento del sostegno a Kiev è grave e da irresponsabili», assicurava. Intanto il riformista Giorgio Gori ammoniva: «Il sostegno anche militare all’Ucraina è essenziale e deve continuare se si vuol arrivare a una pace giusta».

Ma Romano Prodi, allineandosi alle posizioni grilline, imputa non a Putin ma alla Ue di non aver perseguito «il negoziato» con il dittatore russo, alle sue condizioni: «Bisogna parlare con il lupo, non con San Francesco».

Così ieri, sulla crisi provocata dagli Houthi, si registravano i consueti proclami anti-occidentali dei 5Stelle di Conte contro «l’escalation nel Mar Rosso» (secondo loro colpa degli Usa, e non degli islamisti filo-Teheran) e i ragionamenti di chi, come Benedetto Della Vedova di +Europa, invoca l’urgenza di una reazione: «La libertà di navigazione, messa a repentaglio dagli attacchi Houthi, riguarda l’Europa e in particolare l’Italia e i suoi porti.

Ma anche stavolta abbiamo affidato la difesa dei nostri interessi a Usa e Uk, che per fortuna agiscono. È necessaria una missione europea e un sistema di difesa che risponda a una vera politica estera europea». Dal Pd non una sillaba, neppure per incalzare il governo e alimentare le sue difficoltà nell’affrontare la crisi. Sollecitato dal Giornale, il responsabile Esteri Giuseppe Provenzano promette: «Abbiamo già chiesto settimane fa che il governo venga a riferire sull’invio di una nave della nostra Difesa nel Mar Rosso, in questo nuovo quadro reitereremo la richiesta».

Per votare che, non è chiaro.

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