Raid Usa e inglesi sullo Yemen. E il mondo islamico minaccia

Usa e Regno Unito studiano l'escalation militare contro gli Houthi

Erano le 2:54 (le 0:54 in Italia) quando l’impatto del primo missile Tomahawk, lanciato da un caccia Typhoon britannico partito dalla base cipriota di Akrotiri, ha illuminato il cielo di Al Marawiah. Da quel momento è stata una vera e propria pioggia di fuoco, generata da un massiccio attacco di Stati Uniti e Gran Bretagna contro obiettivi degli Houthi nello Yemen. Nel raid, una risposta agli attacchi che il gruppo filo-iraniano ha scatenato contro le navi nel Mar Rosso come vendetta contro Israele per la campagna militare a Gaza, sono stati colpiti campi di addestramento, depositi di munizioni, strutture di stoccaggio per droni, siti di lancio per missili, centri di comando e controllo, stazioni radar e di difesa aerea.

Esplosioni sono state avvertite nel governatorato di Sa’ada, la regione degli Houthi, nella città di Zabid (80 km a sud di Al Hudaydah), nel Governatorato di Taiz, nella capitale Sana’a, e al porto sul Mar Rosso di Al Hudaydah, hub logistico usato da anni dagli Houthi per ricevere armi e munizioni. Quattro esplosioni contro l’aeroporto di Sana’a, 8 contro il porto di Hoidedah, 3 contro una base militare a est della città di Sadaa e 8 contro una base e un aeroporto nell’area di Taiz.

L’operazione è stata condotta con il supporto di Australia, Bahrein, Canada e Paesi Bassi, attraverso l’utilizzo del cacciatorpediniere lanciamissili di classe Arleigh Burke e del sottomarino a propulsione nucleare Uss Florida. Il Pentagono ha dichiarato che le forze americane e inglesi hanno lanciato oltre 100 ordigni di precisione tra missili da crociera, bombe a caduta e missili antiradiazioni contro oltre 60 obbiettivi situati in 16 luoghi diversi. Il bilancio è di 6 morti e 11 feriti. La «rivendicazione» del blitz è avvenuta attraverso un comunicato del presidente Usa Biden. «Non permetteremo a soggetti ostili di mettere in pericolo la libertà di navigazione lungo le rotte commerciali più critiche a livello mondiale. E non esiteremo ad adottare ulteriori azioni se necessario». Washington precisa tuttavia di non volere un conflitto con l’Iran né un’escalation.

Ovviamente quanto accaduto ha scatenato reazioni in tutto il mondo. Gli Houthi promettono vendetta e nel pomeriggio italiano un nuovo missile è stato lanciato contro una nave appena a sud dello Yemen. Mosca ha condannato gli attacchi accusando gli anglosassoni di aver agito «in totale disprezzo delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu e del diritto internazionale.

Washington vuole provocare un’escalation nella regione per raggiungere i suoi obiettivi distruttivi». Per Erdogan l’uso della forza è stato «sproporzionato. Vogliono un bagno di sangue nel Mar Rosso», mentre la Cina ha esortato le parti coinvolte a dare prova di moderazione per evitare ulteriori conflitti. A Pechino ha risposto il primo ministro inglese Sunak, dichiarando che «il Regno Unito deve inviare un segnale forte ai ribelli Houthi. Le loro azioni scriteriate non possono essere effettuate impunemente». Downing Street ha però escluso per ora nuove iniziative militari. I Paesi dell’Ue discuteranno martedì l’invio di una forza navale per supportare la protezione delle navi nel Mar Rosso, mentre l’Arabia Saudita e l’Egitto hanno fatto sapere di essere disposte a ospitare un tavolo di trattative.

Nello Yemen la situazione è di massima allerta. Decine di migliaia di persone sono scese in strada nella capitale Sanaa per protestare contro Usa e Gran Bretagna. La stampa di regime parla addirittura di 1 milione di cittadini, mostrando però foto palesemente d’archivio. Dal palco della manifestazione hanno preso parola rappresentanti di Ansar Allah, il movimento Houthi, incitando i dimostranti e ribadendo il sostegno alle fazioni palestinesi di Gaza. Manifestazioni si sono tenute anche in altre zone del Paese controllate dagli Houthi. «Tutti gli interessi americani e britannici sono diventati obiettivi legittimi delle nostre forze armate. Invochiamo la santa jihad. Lo Yemen sarà il vostro cimitero», ha commentato il portavoce, il brigadiere generale Yahya Saree, invocando il sostegno iraniano. Il governo internazionalmente riconosciuto dello Yemen accusa invece i ribelli di voler trascinare il Paese in un confronto militare.

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