“Los Angeles dovrebbe essere sicura per chi cerca l’aborto. Combattete contro i tentativi di chiudere la clinica DuPont“. È il messaggio iper-colorato che campeggia su alcuni cartelloni comparsi negli ultimi giorni nella Città degli Angeli. Che cosa significano? Come riportato da Politico, il messaggio pubblicitario, sovvenziato dal LA Abortion Support Collective – collettivo locale di volontari che fornisce supporto emotivo a coloro che cercano di abortire – e dal National Institute for Reproductive Health, arriva in risposta alla contestata decisione di bloccare l’apertura di una clinica a Bevery Hills – la DuPunt – che avrebbe permesso alle donne di abortire oltre le 24 settimane. Nel giugno 2022, il governatore della California, Gavin Newsom, ha firmato una nuova legge che rafforza i diritti all’aborto nello Stato, dopo la decisione della Corte Suprema di rovesciare la sentenza Roe contro Wade. E benché Bevery Hills sia considerato un feudo ultra-progressista e liberal, la clinica ha accusato il consiglio cittadino, nelle scorse settimane, di aver “cospirato” con gli attivisti antiabortisti al fine di bloccare l’iniziativa, presentando una richiesta di risarcimento danni contro i funzionari locali.
È scontro sull’aborto a Bevery Hills
La DuPont Clinic, società con sede a Washington, ha dichiarato, secondo il Los Angeles Times, di aver speso milioni di dollari per aprire e attrezzare una propria sede sulla Wilshire Boulevard – una delle principali arterie stradali est-ovest della città di Los Angeles – con l’obiettivo di espandersi sulla costa occidentale. In una lettera inviata alla città la clinica sostiene che quattro funzionari comunali, tra cui il sindaco di Beverly Hills Julian Gold, hanno agito per negare i permessi alla struttura dopo le proteste antiabortiste. Nella lettera inviata al Municipio di Beverly Hills, si accusano i funzionari local di aver esercitato pressioni sul locatore affinché si ritirasse dal contratto di locazione e di aver tenuto “incontri segreti” con i membri del gruppo Survivors of the Abortion Holocaust, promettendo loro di impedire “l’apertura di DuPont“.
La clinica sostiene che i funzionari comunali “si sono piegati alle pressioni politiche della comunità antiabortista” invece di proteggere “il diritto all’aborto sancito dalla Costituzione della California“, citando in giudizio anche il proprietario dell’immobile situato sulla Wilshire Boulevard, la Douglas Emmett Inc. Non sarebbe l’unico caso di questo tipo: secondo quanto riferito da Politico, infatti, anche i progetti di nuove cliniche della medesima tipologia a Visalia ed El Centro sono stati pesantemente ritardati dalla burocrazia o abbandonati del tutto. “È deludente cercare di tornare in California – dopo che le cronache hanno parlato di come lo Stato sia pronto ad aiutare le persone ad accedere all’aborto – solo per scoprire che la realtà è diversa“, ha dichiarato al Los Angeles Times il dottor Matthew Reeves, fondatore di DuPont.
Quei cartelloni-sport di Newsom
Eppure il governatore Gavin Newsom aveva giurato che la California era la meta perfetta per le donne a cui era stato impedito di abortire negli altri stati dopo la cancellazione della sentenza Roe v. Wade. Nel 2020, il governatore democratico aveva infatti utilizzato il suo fondo per la rielezione per affittare alcuni spazi pubblicitari in una manciata di stati a guida repubblicana per promuovere la California come Stato santuario del diritto all’aborto, mentre altri Stati a guida Gop introducevano restrizioni sulla scia del ribaltamento della sentenza della Corte Suprema. “L’idea che questi politici repubblicani stiano cercando di proteggere la vita è una farsa totale“, aveva detto Newsom in una nota. Tuttavia, le ultime rivelazioni di Politico dimostrano che la realtà è molto distante da quella presentata dal governatore dem. E anche in California le istanze conservatrici stanno facendo breccia.