Il sindaco Giuseppe Sala (nella foto) ha inoltrato formale richiesta alla Procura di Milano per riaprire le indagini sulla morte di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, i due giovani militanti di sinistra che frequentavano il centro sociale Leoncavallo e furono uccisi in circostanze ancora oscure il 18 marzo del 1978. Bene ha fatto Sala, anzi benissimo perché è ora che due giovanissimi trucidati in quei terribili anni di piombo abbiano giustizia. Peccato che da sinistra nessuna voce si sia levata in questi giorni per chiedere altrettanta giustizia invano attesa da altri tre giovani, anzi cinque più un genitore (e quindi sei) innocenti vittime di quello che in tanti quest’anno hanno scoperto essere il sangue versato ad Acca Larentia. Il nome della sezione del Msi da cui i nemmeno ventenni Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta stavano uscendo per volantinare, quando furono falciati dai colpi delle armi automatiche di un gruppo di fuoco di estremisti di sinistra. Il terzo morto fu Stefano Recchioni, ucciso qualche ora dopo dalla polizia durante la manifestazione di protesta, quarto il padre di Ciavatta che si uccise bevendo l’acido muriatico e poi Alberto Giaquinto colpito alla testa da un poliziotto un anno dopo e Stefano Cecchetti, ucciso da un commando dei Compagni organizzati per il comunismo. Sangue dei vinti, morti per i quali in queste ore a sinistra si straparla di saluti romani, invece che di giustizia negata. Quella che Sala dovrebbe chiedere per tutti i morti di quegli anni. E sarebbe ora di sapere se veramente quella di Fausto e Iaio, come da vulgata a sinistra, fu un’esecuzione organizzata dai fascisti. Nessuna prova c’è a dimostrarlo e quindi si faccia chiarezza, mentre di certo ci sono i fiori posati dalla sottosegretaria di FdI Paola Frassinetti (una che in quegli anni c’era) sulla lapide dedicata a Tinelli al Liceo Brera.