«Ti faccio vedere le foto della mia sorellina». È stata questa la scusa con cui un ragazzo, poco più che ventenne, ha convinto una bambina di 7 anni a salire al primo piano della cascina di un paese a nord est di Milano. Dopo averla allontanata dallo sguardo dei genitori, in soli cinque minuti, ha abusato sessualmente di lei. Era un sabato del marzo dell’anno scorso: la piccola si trovava nella struttura insieme alla famiglia, per trascorrere qualche ora nel verde. I familiari le avevano dato il permesso di allontanarsi con il giovane, che abitava nella cascina, perché lo conoscevano, visto che faceva il bidello nella scuola elementare che frequenta la piccola.
Ieri il gup di Milano lo ha condannato a 5 anni e 4 mesi di carcere, al termine del processo che si è svolto con il rito abbreviato. Una pena molto alta, nonostante le attenuanti generiche e già ridotta di un terzo per il rito, e superiore a quella richiesta dalla pm milanese Rosaria Stagnaro di 5 anni di carcere.
Il ragazzo era presente in aula durante il verdetto: ha ammesso i fatti e si è detto «dispiaciuto» per quanto successo. Il giudice lo ha condannato a versare un risarcimento alla famiglia, assistita dall’avvocata Solange Marchignoli. Già la sera prima della sentenza, tramite i suoi legali, aveva provato a risarcire la famiglia ma l’offerta è stata rifiutata.
Dopo la violenza, la piccola si è tenuta dentro il segreto per oltre un mese, perché pensava di essere in qualche modo responsabile del male che sentiva dentro. Poi un giorno, per fortuna, è riuscita a confidarsi con la madre. «Ho un peso molto grande» , erano state le sue parole. La procura di Milano, nelle indagini per violenza sessuale aggravata, ha contestato al ragazzo un solo episodio, quello accaduto con la bimba e acclarato nel corso delle indagini andate avanti per oltre sei mesi. La pm Rosaria Stagnaro ha compiuto tutti gli accertamenti per verificare se il ragazzo, collaboratore scolastico in una scuola gestita da religiose, abbia commesso abusi ai danni di altri allievi. Ma gli inquirenti non hanno trovato riscontri in tal senso e quindi non hanno ritenuto di chiedere alcuna misura cautelare per lui. Si sono accertati che il ragazzo, figlio di un insegnante della stessa scuola, sia stato effettivamente allontanato.
«Ci sentiamo isolati», erano state le parole dopo la denuncia della mamma della piccola, che sta tuttora affrontando un percorso terapeutico in cui «sta tirando fuori tanta rabbia». Rabbia che provano anche i genitori, per chi, a loro parere, non ha compreso la gravità dell’accaduto. «Dicono che non è un mostro, e parlano di raptus, quando certi comportamenti non nascono di certo da un colpo di testa», le parole della donna.