Se l’opposizione fosse al governo ci sarebbero quattro linee diverse sulla crisi più cruciale per il mondo libero, la guerra in Ucraina. E si sta avvicinando l’ombra ancora più ingombrante delle accuse a Israele per il conflitto a Gaza, provocato dall’attacco stragista di Hamas del 7 ottobre oramai passato in secondo piano. Nicola Fratoianni, leader della sinistra dura a pura, nell’intervento alla Camera per le armi all’Ucraina ha parlato «di sterminio senza fine a Gaza» invocando dure reazioni contro lo Stato ebraico.
Sull’Ucraina è andato in scena il gioco delle tre carte di un’opposizione in ordine sparso, con il Pd che si arrampica sugli specchi grazie ad ardite astensioni. Azione, Iv e Più Europa hanno calato l’asso di una risoluzione ancora più ferma rispetto alla maggioranza. I centristi della sinistra avevano pure chiesto di utilizzare a favore degli ucraini «gli asset bancari russi: 300 miliardi di dollari solo tra i paesi Ue e G7». Nel rimanente gioco delle tre carte il Pd ha presentato una risoluzione, che non citava mai le forniture belliche a Kiev, ma nel primo punto copiava le parole del ministro della Difesa, Guido Crosetto, su «un rinnovato e più incisivo impegno diplomatico» europeo per trovare una via d’uscita. Motivo in più per rendere ancora più assurda l’astensione dei dem, che ieri hanno provato a contrattaccare con Elly Schlein sostenendo che «abbiamo votato la nostra risoluzione che conteneva tutto» per non dare «deleghe in bianco in politica estera a un governo incapace». In realtà la posizione su Kiev del più forte partito d’opposizione, nettamente atlantista ai tempi del governo Draghi, è cambiata forse solo per meri calcoli di bottega interna ovvero non lasciare tutto lo spazio «pacifista» ai grillini. I mal di pancia sono stati evidenti con il voto «ribelle», nei confronti del partito, ma coerente rispetto alla linea sull’Ucraina fin dall’inizio dell’invasione russa, di deputati e senatori di peso come l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini e Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera.
Nella babele dell’opposizione chi canta vittoria è Giuseppe Conte, che ha cavalcato spudoratamente la tragedia ucraina, con un secco no all’invio delle armi. Alle accuse di favorire il gioco di Mosca fa spallucce e gongola nell’avere in parte spaccato il Pd, ma soprattutto attirato Schlein e compagni sul scivoloso campo dell’astensione. I veri «pacifisti» rimangono i 5 Stelle, che per di più chiedono la riduzione delle spese militari nonostante i venti di guerra. I dem rincorrono malamente facendo indispettire un po’ tutti. La terza carta calata dall’alleanza verde-sinistra punta dritta al «cessate il fuoco». Forse garantito da un ipotetico Corpo civile di pace europeo proposto al Parlamento. In pratica crocerossine che dovrebbero sventolare la bandiera blu stellata della Ue per fermare le ostilità. Davide Faraone di Iv ha avuto gioco facile a parlare di «fritto misto» riferendosi al Pd, ma la realtà è che tutta l’opposizione si presenta, bizzosa e divisa, su temi cruciali di politica estera.
E sta arrivando al pettine un’altra mina innescata, che non sarà facile da gestire pure per il governo, ma imbarazzerà ancora di più il Pd spaccando la sinistra. Israele è alla sbarra a L’Aja, in un moderno «caso Dreyfus» secondo l’ex premier Naftali Bennett. L’ala estrema di Fratoianni ha già chiarito che lo Stato ebraico sta compiendo uno sterminio a Gaza» e bisognerebbe reagire con durezza. Il resto dell’opposizione cosa dirà e farà se Israele, dopo avere patito l’Olocausto, venisse «condannato» per genocidio?