Sono spesso considerati come uno degli eventi più impattanti della propria esistenza. Stiamo parlando degli attacchi di panico, ossia eventi caratterizzati da un’improvvisa e inspiegabile insorgenza di ansia e di terrore. Secondo recenti statistiche a soffrirne sono circa 10 milioni di italiani e le donne sono tre volte maggiormente predisposte.
Quando questi momenti di estrema ambascia si presentano in maniera frequente in un breve lasso di tempo, si suole parlare di disturbo di panico, problematica questa che viene descritta nel DSM-5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
Gli attacchi di panico sono autolimitanti e in media non durano più di 30 minuti, ma lasciano il soggetto prostrato e soprattutto timoroso di rivivere una nuova crisi. Infatti i sintomi sia fisici che psichici possono essere davvero molto intensi e mimare quelli di condizioni pericolose per la salute come l’ictus e l’infarto.
I sintomi degli attacchi di panico
Gli attacchi di panico sono dei veri e propri fulmini a ciel sereno. I sintomi, infatti, colgono di sorpresa il paziente in qualsiasi momento della giornata e della notte. Si distingue la sintomatologia somatica e la sintomatologia cognitiva. Della prima fanno parte:
- La tachicardia
- Il dolore al petto
- L’aumento della pressione arteriosa
- I tremori
- Le vampate di calore
- La sensazione di sbandamento
- Le vertigini
- I formicolii agli arti superiori e inferiori
- Lo svenimento
- La nausea e i disturbi addominali
- La sudorazione eccessiva.
Rientrano, invece, nella sintomatologia cognitiva:
- La paura di morire
- Il timore di perdere il controllo
- La derealizzazione
- La depersonalizzazione.
Il circuito cerebrale degli attacchi di panico
Da un po’ di tempo la scienza è giunta alla conclusione che la creazione di una mappa delle regioni, dei neuroni e delle connessioni cerebrali che mediano gli attacchi di panico può essere una vera e propria guida per lo sviluppo di terapie più efficaci contro questo disturbo invalidante. I ricercatori dell’Istituto Salk, iniziando a costruire tale mappa, hanno scoperto un circuito cerebrale che media i sintomi delle crisi.
Questo circuito è costituito da neuroni specializzati che inviano e ricevono un neuropeptide chiamato PACAP. Si è compreso che PACAP e i neuroni che producono il suo recettore sono possibili bersagli farmacologici per la messa a punto di trattamenti migliori per gli attacchi di panico. Lo studio, guidato dal professore Sung Han è stato pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience.
Ha affermato Sung Han: «Abbiamo esplorato diverse aree del cervello per capire dove iniziano gli attacchi di panico. In passato pensavamo che l’amigdala fosse la principale responsabile, ma anche persone con danni alla stessa possono sperimentare la problematica. Ora abbiamo individuato un circuito cerebrale specifico al di fuori dell’amigdala che potrebbe ispirare cure differenti dagli attuali farmaci che prendono di mira il sistema serotoninergico cerebrale.
Lo studio
Per iniziare a delineare una mappa cerebrale del disturbo di panico, gli scienziati hanno esaminato una parte del cervello chiamata nucleo parabrachiale laterale (PBL) nel ponte (parte del tronco encefalico). Esso è noto come centro di allarme del cervello. Inoltre si è notato che il nucleo parabrachiale laterale produce un neuropeptide, PACAP, ossia il principale regolatore delle risposte allo stress. Per confermare ed espandere la mappa proposta, il team si è rivolto a un modello murino di attacchi di panico.
È stato scoperto che durante una crisi i neuroni che esprimono PACAP si attivano. Una volta attivati, rilasciano il messaggero del neuropeptide PACAP in un’altra parte del cervello chiamata rafe dorsale. Qui risiedono i neuroni che esprimono i recettori PACAP. I messaggeri PACAP rilasciati, innescano dei neuroni recettoriali e producono, così, nei topi una sintomatologia fisica e comportamentale.
Gli studiosi sono altresì giunti alla conclusione che, inibendo la segnalazione PACAP, si potrebbe interrompere il flusso di neuropeptidi PACAP. Ciò si tradurrebbe in una riduzione significativa dei sintomi. Come già detto tale scoperta è fondamentale per poter realizzare in futuro trattamenti migliori.
Gli attacchi di panico e l’ansia
Secondo Sung Han, nonostante gli attacchi di panico siano classificati come disturbo d’ansia, esistono delle nette differenze tra i due problemi. Ad esempio il modo in cui il panico scatena sintomi fisici o la sua stessa incontrollabilità. Queste divergenze sono il motivo per cui è fondamentale costruire la mappa cerebrale del disturbo di panico, così che si possano mettere a punto terapie apposite.
Gli studiosi hanno compreso che l’attività dei neuroni produttori di PACAP nel nucleo parabrachiale del cervello è inibita durante le condizioni di ansia e gli eventi di stress post traumatico. Ha così concluso Sung Han: «Poiché l’ansia sembra operare in modo opposto al circuito cerebrale del panico, sarebbe interessante esaminare l’interazione tra le due problematiche. Perché le persone con disturbo d’ansia hanno una maggiore tendenza a sviluppare gli attacchi di panico?» Lo studio merita ora ulteriori approfondimenti.
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