«Voglio fare il nonno». È il mantra che molto spesso Mario Draghi, ex premier ed ex numero uno di Banlitalia e Bce, ripete ai suoi interlocutori e collaboratori. La sua attitudine da civil servant impone di portare a termine il rapporto sulla competitività dell’industria europea di cui è stato incaricato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
Ma, una volta stilato il report, tornerà silenziosamente al suo buen retiro? Ieri Draghi è stato a Milano e presso la sede locale della Banca d’Italia ha ascoltato la delegazione dell’Ert (European round table for industry), think tank di presidenti e manager dei principali gruppi industriali del Continente. «È uno dei tanti incontri che teniamo nel corso di questo rapporto. Oggi (ieri; ndr) è l’industria. E io ascolto», ha detto l’ex premier. E proprio Jean-François van Boxmeer, presidente dell’Ert e di Vodafone, ha lasciato intendere che non si sia trattato di un appuntamento di poco conto. Il report che Draghi stilerà verrà presentato subito «dopo le elezioni europee» e sarà «la road map per la prossima Commissione europea su come migliorare e riportare la competitività dell’Europa», ha detto van Boxmeer che all’ex presidente Bce ha indicato le priorità individuate dalla sua associazione: digitalizzazione, innovazione e transizione green.
Non sono materie di poco conto ed è difficile pensare che, dopo aver preparato un importante documento, o per dirla con van Boxmeer una road map, una personalità così di rilievo possa tornare a fare semplicemente il nonno. Il primo a non voler «pensionare» Draghi è certamente il presidente francese Emmanuel Macron che lo ha incontrato all’Eliseo il mese scorso. All’epoca trapelò che SuperMario avrebbe potuto essere indicato come prossimo presidente della Commissione Ue. L’indiscrezione fu subito smentita dal diretto interessato. E poi il Ppe, gruppo maggiormente rappresentato a Bruxelles, ha già puntato sulla riconferma di Ursula.
Ovviamente, tutto dipenderà dal risultato delle elezioni, ma di sicuro Draghi è una garanzia contro eventuali intemerate sovraniste.
Il Financial Times di martedì 9 gennaio lo ha indicato come presidente del Consiglio Ue, anche in virtù delle prossime dimissioni di Charles Michel che si candiderà alle elezioni europee. Un’ipotesi forse più credibile perché maggiormente rispondente ai delicati equilibri fra i 27 Stati. Se si delineasse una simile prospettiva, per Palazzo Chigi ci sarebbero meno margini di manovra per la formazione della prossima Commissione europea.
La premier Giorgia Meloni ha dichiarato di puntare a un commissario «di peso». Non è illecito presumere che il target siano gli Affari economici che, dopo Paolo Gentiloni, dovrebbero restare a un Paese del “Club Med” (cioè ad alto debito) visto che l’Eurogruppo è in mano ai falchi del Nord. In ogni caso, sarebbe positivo rinsaldare l’asse con Parigi con la designazione di una personalità italiana influente. Le ricadute, tuttavia, sarebbero sul governo visto che Matteo Salvini, pur essendo stato nella maggioranza Draghi, vorrebbe contare nella partita nomine. Va detto che il Consiglio Ue è una camera di compensazione tra i vari governi e Draghi ha sempre ricoperto ruoli da protagonista e non da mediatore. In ogni caso, domani l’ex presidente sarà a Bruxelles per partecipare al collegio dei commissari europei, la riunione del governo comunitario. Il lavoro di «nonno», per ora, deve aspettare.